Omelie

Omelia di don Attilio del 15 ottobre 2023 - Tempo Ordinario XXVIII

Il Dio che Gesù è venuto a rivelare è un re che invita a nozze. Non costringe, non obbliga. Propone. E non propone solo di andare a lavorare nella vigna per cambiare il mondo insieme a lui. Propone di partecipare ad una bella festa, di partecipare alla sua vita e di condividere la sua gioia.

Così è Dio. Un Dio che fa festa. Un Dio che ama la compagnia, che la cerca, che mi invita. Invita me, invita ciascuno di noi. Un Dio felice che mi vuole felice. E i servi vanno, invitano, ma ricevono un solenne e condiviso: no, grazie.

Abbiamo delle cose da fare. Cose urgenti, necessarie, importanti. Che riempiono ogni spazio, che occupano la mente, che spengono l'anima e il desiderio.

Non sono cattivi coloro che rifiutano. Sono solo troppo impegnati per diventare felici. Si illudono di trovare la felicità dopo avere finito le cose da fare. Eppure basterebbe poco, accogliere l'invito, andare. Vedere quanta gioia, verità, bellezza, abitano in Dio, e come la nostra vita, comunque sia, possa fiorire. Tutto il Vangelo consiste in un vieni e vedi.

Parte del popolo di Israele ha rifiutato l'invito, allora Dio si volge a altri. Una sola cosa serve: l'abito. Un abito adatto. Richiesta assurda, all'apparenza: al rifiuto degli invitati il re spinge ad entrare cattivi e buoni, mendicanti e poveri. Come pretendere da loro un abito nuziale?

L'invito di Dio è rivolto a tutti, anche a chi non ne è degno, anche ai peccatori. Ma l'abito sì. Un riferimento alla veste battesimale, alla nostra dignità, a diventare ciò che siamo. Perché oggi la Chiesa ha bisogno di cristiani. Per portare il Vangelo nel mondo, non per spingere il mondo nelle chiese. Perché Dio continua ad invitare, dice Isaia. Voglio esserci. E vivere con verità e dignità il mio battesimo. Per diventare io evangelizzatore dove sono.

don Attilio Zanderigo