Omelie

Omelia di don Attilio del 29 gennaio 2023 - Tempo Ordinario IV

“Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: Beati i poveri in spirito…”.

Forse la ragione per cui questa pagina è  ignorata da noi è che, a prima vista, elogia la sfortuna. Gesù non definisce felici, coloro che sono poveri, che piangono, che sono perseguitati. Chi vive nella povertà o nel pianto, chi è perseguitato non è felice. È nella tristezza più cupa. E il rischio, decisamente diffuso, è che, leggendola, molti pensino che il cristianesimo esalti il dolore, ci inviti alla sofferenza, alla sopportazione. Non è così. Dio non ama il dolore, né ci invita alla rassegnazione.

Quando Gesù parla di felicità, usa il verbo futuro. Perché è verso il futuro che dobbiamo guardare per essere felici. Vivere in una certa logica, anche se costa dolore e fatica, è la direzione giusta per entrare nella felicità di Dio.

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati quelli che sperimentano il proprio limite senza ignorarlo. Beati coloro che sanno che le risposte alle tante domande che sorgono dal nostro cuore non sono dentro di noi, ma in Dio. Beati coloro che non vivono nell'apparenza, facendo finta di essere migliori di ciò che sono, ma che hanno il coraggio di accogliere anche le ombre di sé e degli altri, di sperimentare la povertà interiore, perché quella è l'unica strada per lasciar spazio al Signore.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

Beati coloro che non passano il tempo a lamentarsi, che non vivono passivamente il dolore. Beato chi scopre che la vita è preziosa agli occhi di Dio, che nessuna persona è abbandonata, che anche i capelli del nostro capo sono contati,  e le lacrime raccolte, perché il Signore protegge i passeri che si vendono per due spiccioli. La sofferenza, allora, non è la parola definitiva della vita. Di nessuna vita. Gesù ha vissuto queste beatitudini. Ora tocca a noi. Vale la pena di seguirlo, come abbiamo visto domenica scorsa. 

Allora vale la pena di rischiare.

Don Attilio Zanderigo