Omelie

Omelia di don Attilio del 20 dicembre 2020 - Avvento IV

"L'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria”. Maria, in quel saluto, capisce tre cose: deve rallegrarsi perché Dio l'ha colmata di grazia, perché il Signore è con lei. Il saluto dell'angelo è un invito alla gioia: la gioia del cristiano, la gioia del sapersi accompagnati da Dio. È piena di grazia perché Dio precede e suscita la nostra conversione, accompagna la nostra ricerca, orienta le nostre decisioni.

Anche noi siamo pieni di grazia. Anche noi siamo capaci di Dio. Maria è turbata. Come non provare un brivido quando ci rendiamo conto che Dio è, ed è presente, ed è bellissimo?

L'angelo invita Maria a non spaventarsi. E aggiunge: sarai madre. Allora Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo?». (Lc 1,34)

Sono le prime parole di Maria. Maria non è timida, né impacciata. Le sue prime parole  svelano una donna adulta, una persona concreta e con i piedi per terra. È questo l'atteggiamento che deve assumere il credente.

L'angelo spiega, interviene. Cala il silenzio. Tutto si ferma. Tutto è immobile. Dio aspetta una risposta. Il silenzio si interrompe. Maria ha scelto. Sa che la sua vita non è sua, che è dono e ne fa dono. Sa che la vita o si dona o sfiorisce.

Se siamo qui a questa celebrazione è grazie a quel sì. Se abbiamo accolto la fede, se i n noi c’è speranza, è grazie a quel si; se continuiamo a credere è grazie a quel si. Il sì pronunciato da una ragazza  in un paese sperduto. Siamo qui grazie a quel sì. E inizia la salvezza.

don Attilio Zanderigo