Omelie

Omelia del 4 ottobre 2020 (Tempo Ordinario XXVII)

“Ascoltate un'altra parabola: c'era un uomo, che possedeva un terreno e vi piantò una vigna.” Possiamo cogliere la dignità di questo padrone che prepara con cura e amore la vigna da dare in affitto; ma quanta arroganza da questi locatori che pensano, uccidendo il figlio del padrone, di diventare eredi. Immagine dell’umanità che non riconosce il Creatore, si sostituisce a lui, crede di essere autosufficiente.

Questa parabola è la sintesi della storia fra Dio e Israele, fra Dio e l’umanità. Così accade ancora oggi, all’umanità che invece di realizzarsi nel dare frutti, pensa a come ingannare il proprietario.

Questo Dio che rischia la vita del figlio, illudendosi di suscitare rispetto nell’uomo, se non giustizia. Invece no, anche questo gesto è stravolto, incompreso. Che fare?

Gesù non sa più cosa dire; aspetta una risposta dai locatori che nell’ottusità del loro cuore non capiscono che proprio di loro sta parlando. E inveiscono: morte, punizione, vendetta! Così non sarà. Solo l’ultima parte del consiglio si avvererà: la vigna sarà data ad altri. 

L’uomo si dimentica di vivere nella gratitudine il dono della vita, di scoprire il proprio destino e la propria chiamata ed è accecato dalla propria arroganza. E qual è il nostro compito? A noi il compito di vivere nella gioia, di coltivare la vigna di Dio, sopportando con pazienza evangelica la violenza nel nostro e l’altrui cuore, e come esorta san Paolo, cercare di fare quello che è vero, nobile, giusto, puro e amabile.

don Attilio Zanderigo