Omelie

Omelia di don Rinaldo del 28 giugno 2020 - Tempo Ordinario XIII (Anno A)

Pur essendo questa una domenica che non fa riferimento a particolari misteri di fede, ugualmente riversa su di noi uno scrosciante torrente di messaggi salvifici. Il primo messaggio ci viene dalle profondità del Vecchio Testamento attraverso la vita e le opere del profeta Eliseo.

Eliseo non possiede assolutamente nulla, all’infuori della Parola di Dio e vive elemosinando. Una donna facoltosa persuade suo marito ad ospitare gratuitamente Eliseo, tutte le volte che passa per Sunem. Tra Eliseo, il povero, e i due sposi molto ricchi si instaura un rapporto che diventa per noi cattedra di riflessione.

È vero, Gesù è molto severo con i ricchi e ha parole di fuoco contro “mammona”, l’oro elevato a divinità. Ma è pur vero che ogni singolo insegnamento divino, va letto e compreso alla luce di tutta la rivelazione.

Possiamo riassumere così la dottrina cristiana circa la ricchezza: la ricchezza non è una divinità, ma un mezzo potente; la ricchezza, essendo potente, emana la fortissima tentazione di farsi cercare e considerare come una divinità, davanti a cui è bello e facile piegare le ginocchia e lasciarsi possedere da essa; la grandezza dell’uomo sta proprio qui, nel non cadere nella tentazione, ma nel dominare la ricchezza e governarla, usandola per gli scopi per i quali il Creatore l’ha voluta; oggettivamente la ricchezza appartiene a tutti.

Coloro che, o per lavoro, o per eredità, se la trovano in casa, non devono sottrarla al bene comune, ma devono saggiamente e cristianamente amministrarla, perché cresca ancor più e i suoi frutti arrivino a tutti, senza cadere nella tirchieria e nell’avarizia che accumula, sottrae e genera nuove povertà; ogni ricchezza materiale, morale, intellettuale, ci è stata data dal Creatore perché venga moltiplicata (parabola dei talenti).

Chi la moltiplica solo per sé, moralmente si mette in stato di colpa. Chi la moltiplica per il bene di molti, ha diritto ai primi frutti del benessere e sarà meritorio davanti agli occhi di Dio che lo chiamerà “servo buono e fedele!”. Il povero stimolerà il ricco onesto a diventare un grande e oculato imprenditore di ricchezza, per il bene comune. Il ricco si trasformerà, così, in provvidenza che fa esplodere il potenziale sconfinato che Dio ha posto nella creazione in favore di tutti.

Attenzione, infine, a due rischi: che il povero si lasci andare alla miseria e al degrado morale; che il ricco vada in paranoia e cada in ginocchio davanti ai suoi beni, diventando un piccolo ed egoista re Mida.  

Sfioriamo, ora, appena il secondo grande messaggio, espresso con parole che possono fare arricciare il naso ai superficiali, ma che vanno rilette con il dono della divina sapienza. Dice Gesù: “Chi ama il padre e la madre; il fratello e la sorella…, più di me, non è degno di me”. Gesù va, dunque, contro l’amore figliale e fraterno? Sciocchezze! Se uno non ama i genitori e i fratelli, anzi se uno non ama i suoi simili, sarà severamente giudicato, poiché il secondo dei precetti dell’amore recita: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. E sappiamo che il prossimo più prossimo a noi sono i nostri genitori, fratelli, coniuge, figli.

Gesù intende richiamare con chiarezza la gerarchia dei valori, sconvolta la quale, ci piovono addosso tutte le peggiori conseguenze. Chi è la fonte della vita, il principio primo, colui da cui tutto viene e a cui tutto torna, l’amante dell’uomo e che dall’uomo si aspetta il primato dell’amore? È Dio! A Dio quindi il primato dell’amore da parte nostra.

Nessuno si sostituisca a Dio, nemmeno i genitori, i fratelli, gli amici, il coniuge. Amare tutti, salvando la gerarchia dei valori. Altrimenti capita, come è già capitato, che, perso un familiare, che nel nostro cuore aveva preso il primo posto, ci si rivolta, con rabbia, contro Dio, fino a rigettarlo come un usurpatore o un tiranno. Mai questi terribili errori. Ci guidi il Dio di Gesù Cristo!

don Rinaldo Sommacal