Omelie

Omelia di don Rinaldo del 10 maggio 2020 - Pasqua V (Anno A)

Se domenica scorsa il cuore della liturgia della Parola erano la figura e la missione del Pastore grande del gregge, cioè Gesù, e dei pastori scelti da Gesù ad essere nella Chiesa la sua presenza sacramentale, cioè i sacerdoti; in questa domenica, con gioia grande, la liturgia della Parola contempla e rilancia la figura del cristiano, del battezzato. Atti degli Apostoli narra come è nato il diaconato permanente nella Chiesa apostolica.

Gli Apostoli, dalla loro esperienza di vita, scoprono che l’accentrare su di sé tutti i ministeri dell’apostolato, non è giusto ed è pastoralmente controproducente. Ecco la prima decisione, presa dai Dodici di comune accordo: “Riserviamo a noi il più importante dei ministeri che è la predicazione del vangelo e la celebrazione dei sacramenti. Consegniamo il ministero della carità a dei cristiani che nella comunità si sono dimostrati degni di fiducia”.

Nacque, così, con l’imposizione delle mani sui ‘sette’ prescelti, il ministero del diaconato permanente. I diaconi, pur conservando l’appartenenza laicale, sono ugualmente resi partecipi dell’ordine sacro. Il diacono diventa così il ponte che congiunge tra loro il sacerdozio ministeriale ed il sacerdozio comune dei fedeli.

Ma Pietro, in quanto successore di Cristo, ci svela anche i doni che, mediante il sacramento del battesimo, vengono conferiti da Cristo a tutti i battezzati. Il battezzato, uomo o donna che sia, ricco o povero, colto o ignorante, riceve gratuitamente in dono poteri spirituali enormi. Questi poteri vengono normalmente chiamati con tre parole, ben note al magistero della Chiesa di Cristo.

Le tre parole, che splendono come sigilli sulla fronte di ogni battezzato in Cristo, sono: sacerdote, re e profeta. Significa che, con il battesimo, ogni battezzato entra in Cristo sacerdote, re e profeta e che Cristo partecipa questi suoi poteri a quanti si sono a lui incorporati.

Spieghiamoci meglio. 

Alla Chiesa si accede attraverso il battesimo. La Chiesa è il nuovo corpo visibile di Cristo. Gesù lo va edificando attraverso il ministero dei Dodici. Essi hanno il mandato di generare nuovi membri alla Chiesa. Questo potere viene loro conferito con l’Ordine Sacro. Identificati dal sacramento dell’Ordine a Cristo capo, possono generare nuove membra al corpo di Cristo.

Il corpo di Cristo si va, così, completando con la nascita di nuovi cristiani. I cristiani, generati alla Chiesa, diventano membra del corpo di Cristo, entrano a far parte degli stessi valori che sono propri di Cristo. Sono i tre 'munera' di Gesù, cioè i poteri profetico, sacerdotale e regale. Cosa significa? Che, in forza del battesimo, ogni cristiano riceve la Parola di Dio. Tale Parola il battezzato può e deve conoscere, ma anche annunciare ai fratelli e al mondo.

Ogni battezzato prende parte al sacerdozio di Cristo ed è chiamato a concelebrare l’eucaristia, presieduta dal legittimo ministro ordinato. In forza del suo sacerdozio comune, il cristiano può trasformare in sacrificio a Dio gradito tutte le sue buone azioni, in particolare i sacrifici che la vita comporta, le gioie ed i dolori di ogni genere che possono capitare nella giornata.

Infine, in forza del battesimo il cristiano riceve il potere regale di scrivere la storia della salvezza, imparando l’onestà e guidando onestamente tutte le proprie azioni individuali, sociali, politiche e amministrative. Il cristiano non è un parassita, ma un imprenditore di vita, per il bene della ‘polis’, della comunità.

A noi queste verità, dopo secoli di cristianesimo, ritornano più chiare che non agli stessi primi discepoli di Gesù. A Tommaso, che ingenuamente chiese a Gesù di conoscere la via, noi, depositari della Parola di Dio, potremmo rispondere: “Tommaso, non sai che Gesù in persona è la sorgente della vita, è la verità tutta intera? Perciò Lui è la via che ci porta al Padre”. Ed a Filippo che chiede a Gesù: “Mostraci il Padre”, noi, esperti di teologia, sappiamo dirgli: “Guarda Gesù e vedrai il Padre”. E Gesù a noi: “Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio”.

don Rinaldo Sommacal