Omelie

Omelia di don Rinaldo del 12 aprile 2020 - Pasqua (Anno A)

La Pasqua cristiana è la passione, morte e risurrezione di Cristo che diventa nel tempo la passione, morte e risurrezione dell’uomo.

Non si può parlare di Cristo Risorto, senza passare attraverso la sua condanna, la sua passione, morte e sepoltura.

Quella di Gesù fu una morte per condanna, quindi un omicidio. La Sua Pasqua comincia il venerdì con il “Crucifigge! Crucifigge!”. 

Quello che sorprende maggiormente, che ci deve far sostare e meditare, per poi giungere a qualche conclusione esistenziale, è che a condannare Gesù sono stati dei credenti e i motivi della condanna furono tutti religiosi, anche se, per opportunità, fatti diventare politici. 

Perché il sommo sacerdote emise la sentenza: “È reo di morte?”. Perché, alla domanda: “Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio?”, Gesù rispose: “Sono io”. La colpa capitale fu la sua identità.

Per quei giudici, che dovevano per ministero essere gli interpreti della vera fede del popolo di Dio, i capi di accusa contro Gesù furono tutti e solo di carattere religioso.

Se aveva ragione Gesù, loro dovevano cambiare fede e vita.

Essi, colpevolmente incapaci di capire le Sacre Scritture di cui erano i maestri, gli interpreti ed i custodi, pur di salvare la loro visione politicizzata di Dio, del Messia e della legge, uccisero il vero Dio e innalzarono se stessi al posto di Dio, dichiarandosi infallibili, anzi sfidando Dio: “Che il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli”. È il rischio che corre ogni religione quando diventa ideologia.

Sappiamo bene, però, che quel gruppo ben definito che decretò colpevolmente la sentenza di morte di Gesù, in realtà rappresenta tutti noi. 

Nessuno di noi è innocente di quella condanna a morte e di quella orrenda esecuzione. Lui il ‘libro’; noi un capitolo del libro. “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra” ci ricorda Gesù. Tutti siamo peccatori. Ogni peccato è una offesa a Dio.

Se poi, noi, credenti, per di più cristiani, quindi discepoli del Maestro che ci ha mandati a predicarlo in tutto il mondo, fossimo tra coloro che lo offendono praticando l’ingiustizia, perseguitando e cacciando il fratello perché di fede e colore diversi, evadendo le tasse, sentenziando, a fini politici, chi è e chi non è un vero cristiano, esaltando le verità che fanno comodo, ma tradendo o ignorando quelle scomode ecc., allora abbiamo capito che, quello che è successo a Gerusalemme l’anno 33, sta succedendo ogni giorno, tra noi, per mezzo dei nostri complotti che vorremmo far passare per atti di legittima autodifesa.

Se Gesù tornasse tra noi oggi e si comportasse come allora, lo riconosceremmo o gli rinfacceremmo di non essere cristiano?

Ecco la necessità del sabato santo, del tempo del silenzio, del ripensamento, della lettura delle scritture, della preghiera di conversione, del digiuno dalla presunzione, del cibo dell’umiltà e della sincerità, del discernimento, per non fare quello che fece il Sinedrio: tornare a perseguitare Gesù, crocifiggendo la verità.

Imitiamo Pietro, peccatore alla pari degli altri. Si assunse tutta la responsabilità della morte di Gesù, per averlo tradito e si convertì nel più profondo del cuore e per sempre.

Anche Giuda comprese l’enormità del suo peccato. Si pentì, ma per la strada sbagliata. Gesù, però, arriva anche là. 

Evitiamo di fuggire da Gesù perseguitato, come fanno molti cristiani che, delusi della Chiesa, sbattono le porte e se ne vanno. La Chiesa siamo noi con i nostri pochi pregi ed i molti difetti. Ma l’anima della Chiesa, la nostra vera anima è Gesù: morto per noi e a causa nostra, ma per liberarci da tutte le cause di morte, per cui, pur peccatori, possiamo chiamarci santi.

Allora, noi, i convertiti del sabato santo, all’alba del terzo giorno non fuggiamo, tristi e delusi, come i discepoli di Emmaus, ma con passione sconfinata, torniamo a cercare Gesù là dove lo avevamo deposto venerdì sera, dopo il “consummatum est!”.

Con Maria Maddalena, lacrime agli occhi, andiamo alla tomba. Sorpresa! Ci sentiamo dire dai messaggeri celesti: “Non è qui. È risorto”. Muoia la delusione! Risorga la nostra fede! Rinasca la nostra speranza! Facciamo festa in Cristo risorto. Il nostro non è un dio dei morti, ma il Dio dei vivi. Buona Pasqua!

don Rinaldo Sommacal