Omelie
Omelia di don Rinaldo del 9 febbraio 2020 - Tempo Ordinario V (Anno A)
Oggi si parla tanto di diete e di digiuni, costosamente guidati dai cultori dell’immagine, alla ricerca di una perfetta o invidiabile forma fisica. A motivare tale digiuno non è la spiritualità che viene da Dio e che porta all’amore verso il prossimo più bisognoso, ma è l’amor proprio. Tende a un beneficio puramente personale. Chi lo affronta non bada a spese. Diventa una notevole fonte di lavoro e di guadagno per chi lo gestisce.
Anche Isaia, nella prima lettura, parla di digiuno, ma per tutt’altro scopo. È un digiuno chiesto da Dio. Chi lo pratica, entra nella spiritualità che si fa concreto amore del prossimo. Il digiuno predicato da Isaia verrà ripreso alla lettera da Gesù e dalla sua Chiesa, da noi.
Perché digiunare, cioè privarci, magari per un solo giorno, magari rinunciando ad un singolo pasto, magari optando per un pranzo poco costoso, alla vigilia di certe solennità, in occasioni di eventi eccezionali?
Perché, con il risparmio, frutto del digiuno, si possa aiutare chi è in un digiuno permanente e forzato, privo del necessario per vivere. Lo scopo spirituale e morale del digiuno religioso è duplice: dare corpo alla provvidenza a beneficio dei bisognosi e suscitare in comunità la mentalità per una equa giustizia distributiva. Capisce il digiuno religioso colui che, mettendosi a tavola, sente, con le orecchie dello spirito fraterno, il grido dell’affamato, del misero, del senza tetto, ma anche del depresso, del disperato, del malato, del solo, del portatore di handicap… Non un digiuno per star bene, ma per far star bene.
È con questa spiritualità che ci prepariamo, fin d’ora, alla quaresima, che ci chiederà un digiuno più articolato: severo per tutto il giorno il mercoledì delle ceneri ed il venerdì santo, più mitigato tutti i venerdì, consigliato, ma libero, per chi vuol praticarlo in altre giornate dell’anno. Al digiuno religioso deve corrispondere una offerta da prelevare dal portafogli personale o familiare, per darla ai poveri. L’elemosina, piccola o grande che sia, non ha mai fatto diventare più povero colui che la ha praticata per amor di Dio e per amore affettivo ed effettivo del prossimo.
Dopo il discorso sul digiuno, così efficacemente lanciato oggi dal profeta Isaia, si fa vivo san Paolo. Nel presentarsi alla comunità di Corinto, piuttosto orgogliosa delle sue ricchezze culturali ed economiche, Paolo fa confessione di umiltà, una specie di digiuno contro la superbia, la vanità, l’amor proprio, la presunzione. Ma, mentre spoglia se stesso e fa sfoggio di debolezza, quasi col timore di non essere all’altezza del compito di apostolo, eccolo indicare arditamente lo scopo per il quale ha dato tutto se stesso: non insegnare una sua dottrina, fatta di eccellente sapienza, ma annunciare sempre e solo Gesù Cristo e Cristo crocifisso. Paolo passa dalla parte dei poveri di spirito e chiede alla sua amata comunità di essere accolto come uno che ha fame e sete di loro. È allora che, su tutti, scende la ricchezza dello Spirito Santo.
Ma sorprendentemente invitante è anche la pagina del vangelo. Gesù, conoscitore più di chiunque del cuore umano, ci invita a volare alto. Due sono le ali che ci sollevano dalla terra al cielo.
Gesù chiama la prima ala ‘sale della terra’. È la spiritualità, che diventa scelta di vita, di quanti sono spinti dal desiderio di essere sempre e solo un dono per gli altri, fino a sentirsi pienamente realizzati nel dare in silenzio. È la spiritualità del sale. Quando ci si accorge del sale? Solo quando manca. Quando c’è ed è in misura giusta nessuno lo nota. Quanta gente è vissuta silenziosamente, dando senza mai apparire, senza mai chiedere, generando in famiglia e in società, continuamente, benessere di ogni genere.
Poi Gesù, a sorpresa, aggiunge la spiritualità dell’altra ala: ‘voi siete la luce del mondo’. Il vero umile, se necessario, è capace di accettare la visibilità, anche la più prestigiosa carica di servizio alla comunità. Un esempio splendido per tutti, il ‘sì’ dell’umile papa Luciani.
don Rinaldo Sommacal