Omelie

Omelia di don Rinaldo del 20 dicembre 2020 - Avvento IV (Anno B)

Il re Davide, raccontato dalla prima lettura, si collega, a modo suo, al mistero dell’imminente santo Natale. Davide è il simbolo dell’uomo che crede in Dio, dell’uomo singolo, ma ancor più dell’intera umanità, delle istituzioni civili e religiose che regolano la convivenza tra gli uomini. Come uomo e come re, Davide sente il bisogno di costruire a Dio un tempio, del quale si possa dire: ‘ecco la casa di Dio tra gli uomini’.

Ma il desiderio di Davide si rivela ambiguo. Da una parte Davide sente il dovere di costruire a Dio un tempio degno, ma anche luogo sacro dove convocare tutto il popolo, perché impari ad incontrare Dio, a credere in Lui, ad amarlo e ad ubbidire ai suoi comandamenti. Dall’altra, Dio stesso fa capire a Davide, sempre attraverso il profeta, che, pur nobile, il suo proposito di costruirgli una casa, pecca di presunzione. 

Gli manda a dire: “Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti?”. È chiaro che Dio non può essere rinchiuso in una casa, in una umile chiesetta, in una straordinaria basilica, in una gigantesca sinagoga, in una splendida moschea, in un insuperabile tempio. È forte il bisogno dell’uomo credente di avere in città, a casa sua, entro il suo cuore e nella sua mente la presenza di Dio. Ma altrettanto vero è che Dio non è un idolo nelle mani dell’uomo, Dio non è soggetto alla volontà degli uomini.

Dio vuole stare con gli uomini, ma senza essere relegato in un luogo. Il Dio di Davide, infatti, per mezzo del profeta Natan, ricorda al Re che, prescindendo dal tempio, Dio è sempre stato accanto a lui ed al suo popolo, nella storia viva di ogni giorno, per le strade del mondo. 

Ma ecco che gli apparenti contrasti, tra la volontà dell’uomo credente da una parte e la volontà di Dio dall’altra, diventano profetici. Ci si rende conto che il bisogno di avere vicino il Signore nell’uomo fu immesso come priorità da Dio stesso nel momento creativo. Si può dire che credere in Dio e volere Dio vicino è legge naturale, mentre negare Dio e vivere come se Dio non ci fosse è un andare contro natura. 

Quando Dio creò l’uomo, lo creò con un disegno ben preciso, i cui contenuti solo in parte potevano venire scoperti dall’uomo credente. Se l’uomo sente spontaneo il bisogno di avere Dio in casa, Dio pensò a un modo strabiliante per realizzare questo bisogno. Dio volle darsi come tempio visibile lo stesso corpo umano.

Nella pienezza dei tempi Dio mandò il suo angelo a Nazareth, da una vergine di nome Maria, che Le disse: “Concepirai un figlio, lo darai alla luce… verrà chiamato figlio dell’Altissimo”. Questa volta la vergine, più umile di Davide, ma con più coraggio di lui, gli rispose: “Non conosco uomo”. Era quello che Dio voleva sentirsi dire. Infatti Dio si farà uomo non per mezzo dell’uomo, ma perché Dio stesso ne sarà il Padre. “Lo Spirito Santo scenderà su di te” Le rispose, infatti, l’angelo. 

Non opera d’uomo, quindi, ma di Dio. Quel figlio di Dio, però, sarà anche il figlio di Maria, cioè dell’umanità. Ecco realizzato il sogno di Davide, per strade a lui impossibili: dare a Dio una casa. Dio ora abita tra gli uomini. La sua casa non è un tempio di pietra, ma è la stessa natura umana. Chi scoprirà Gesù, il figlio di Maria, scoprirà il tempio dove Dio abita in pienezza. 

Ecco quale deve essere il nostro pellegrinaggio al presepio: scoprire che siamo noi la casa di Dio, la nuova Betlemme. Se Belluno va a Betlemme, Betlemme viene a Belluno.

don Rinaldo Sommacal