Omelie
Omelia di don Rinaldo del 10 novembre 2019 - Per Anno XXXII (Anno C)
Il primo brano, molto drammatico, narra uno dei tanti eventi succedutisi entro i confini della Palestina, al tempo del re Antioco Epifane, che volle ellenizzare tutti i regni a lui soggetti. Il re mise gli occhi su una famiglia, in apparenza fragile, composta da una madre vedova, con a carico sette giovanissimi figli. Sperava di dare una lezione a tutto il popolo, dimostrando benevolenza verso questa famiglia, ma ad un patto: che tutti, madre e figli, avessero da rinunciare alle leggi della loro religione e avessero da sottoporsi al culto del re. Invece e madre e figli diedero un altissimo esempio di fedeltà al loro Dio, affrontando, con incredibile coraggio, il supplizio del martirio.
Da questa storia, due sono gli insegnamenti che anche oggi brillano con tutto il loro valore e che vorrei proporre a me e a tutti noi: l'indiscussa fedeltà a Dio ed alle sue leggi, a qualsiasi costo; la professione di fede nella risurrezione dei morti, per la prima volta così chiaramente affermata in uno dei libri dell’antica alleanza, quando sull’al di là le idee erano ancora molto nebulose.
La religione non deve diventare una specifica forza politica. Stando al di sopra delle parti, a 360 gradi deve offrire ideali che richiamano gli uomini di ogni governo a legiferare, nel rispetto dei valori non negoziabili. Quindi, né sacerdoti sovrani, né re sacrestani, ma tutti alla mensa del bene comune, sia per servire, sia per essere serviti, da fratelli, pur nella varietà dei carismi e nell’esercizio dei ministeri.
Ma, al di sopra di questi temi, che toccano soprattutto l’arte di gestire con giustizia ed equità il presente, non perdiamo la principale portata offertaci sulla mensa dai brani appena uditi. Tutti i fratelli Maccabei, nell’affrontare con coraggio e liberamente il martirio, fecero esplicita la professione di fede nella risurrezione. Uno di loro, rivolgendosi al re Antioco, a nome di tutti, disse: “Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell’universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna”. E, agonizzante, uno dei sette disse: “Dal Cielo ho queste membra…, da lui spero di riaverle di nuovo”.
È molto importante che gli ultimi libri dell’Antico Testamento facciano pubblica dichiarazione di fede nella risurrezione dopo la morte del corpo. Al tempo di Gesù c’era grande dialettica tra i saggi di Israele. Mentre alcune scuole erano approdate all’idea della risurrezione dai morti, la potente schiera dei Sadducei la negava nettamente.
Furono proprio i Sadducei a tendere a Gesù una trappola dialettica con la storia della donna dai sette mariti. Lapidaria e saettante fu la risposta di Gesù, in favore della risurrezione: “Dio non è il Dio dei morti, ma dei viventi”. Stop, quindi, a qualsiasi dubbio tra noi, discepoli di Gesù Cristo!
don Rinaldo Sommacal