Omelie

Omelia di don Rinaldo del 27 ottobre 2019 - Per Anno XXX (Anno C)

Abbiamo una storia da scrivere e ci attende un giudizio sovrano ed imparziale sulla storia di ognuno di noi e sulla storia tutta. Abbiamo una storia da scrivere. Pur intrecciata con mille interferenze, più o meno positive, tutte provvidenziali, la nostra storia la scriviamo noi con le nostre mani e porterà alla fine la nostra firma.

Ognuno di noi viene alla vita per scelta altrui, strada facendo si appropria di se stesso, uscendo dall’ignoranza. La nostra vita è un continuo apprendere, imparare, meditare, discernere, scegliere secondo coscienza, fare o non fare. Il presente viene dal nostro passato, proiettato verso il futuro. Per l’economia finale nulla va perduto: non il bene fatto nel nascondimento; non il male commesso per ignoranza o con lucidità. 

Il tempo ci è concesso per crescere, per avvicinarci al traguardo della perfezione, intensificando il bene, riparando il male compiuto, sapendo con certezza che la salita alla perfezione non ha confini. Il Maestro ci comanda, infatti: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli”. Tutto è grazia. Tutto è dono. Ma dove attingere il vero, il buono, l’onesto e la forza per perseverare nel vero, nel buono e nell’onesto? Da Dio, per mezzo della fede.

La nostra fede non è un elenco di verità, ma una persona, la persona stessa di Gesù che ci aiuta a credere in Lui con tutto noi stessi. Chi Gli crede, Lo ama. Chi Lo ama, Lo chiama in casa. Dove c’è Gesù, c’è anche il Padre, presente con il suo Santo Spirito che diventa luce e forza del credente. Allora ognuno di noi, quando sarà “giunto il momento di sciogliere le vele”, potrà far sue le parole di Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia”. Conclusa la nostra vicenda terrena, ci attende, subito, il giudizio infallibile di Dio.

Il Siracide, perentorio, afferma: “Il Signore è giudice e non v’è presso di lui preferenza di persone”. Gesù, con una parabola, ci fa capire quale sarà il metodo del giudizio di Dio: non si fermerà alle apparenze, ma andrà diritto al cuore di chi pensa, decide, agisce. Il solo giudizio umano non è in grado di ristabilire la giustizia. Il giudizio divino sì. Gioioso, ma anche impegnativo saperlo. 

Dio fa parlare la retta coscienza che c’è in ognuno di noi. È da immaginare che, lasciato questo mondo, comparendo davanti a Dio, ognuno di noi si senta illuminato in ogni sua parte e in tutto il suo essere storico. Compariremo davanti a Dio come siamo stati in vita. Saremo noi a darci la sentenza definitiva, poiché non potremo né ingannarci, né ingannare. Sapremo riconoscere gli innumerevoli aiuti che ci sono stati dati da Dio direttamente o attraverso gli altri, accolti o respinti.

Se ci troveremo rivestiti di grazia, o pienamente o a sufficienza, canteremo il nostro personale “Te Deum” a Dio e l’inno di ringraziamento a quanti ci sono stati di aiuto. Speriamo che non ci si debba giudicare totalmente falliti. Esistono sia il paradiso che l’inferno. Ma ci si va per libera scelta.

don Rinaldo Sommacal