Omelie

Omelia di don Rinaldo del 13 ottobre 2019 - Per Anno XXVIII (Anno C)

Due strepitosi miracoli riempiono le odierne letture: la guarigione dalla lebbra di Naaman il Siro, quindi di un pagano; la guarigione dalla stessa malattia di dieci uomini, tutti ebrei tranne uno, il samaritano. Le malattie, di qualsiasi specie siano, accomunano la gente: sia i potenti che i piccoli si scoprono poveri, paurosi, bisognosi e, se non si lasciano dominare dalla disperazione, sentono di aver bisogno degli altri.

La nostra religione, ma anche l’esperienza, ci insegnano che l’uomo è, per sua natura, un bisognoso. Chi presume di non aver bisogno non si conosce e non si ama. Chi si ama, sa chiedere aiuto. Chi non si ama, nel bisogno dispera. Chi può aiutare, ci dice la nostra religione, deve aiutare. Nasce, così, da una parte la domanda di aiuto e dall’altra la risposta retta e positiva ai bisogni della gente.

Perché la domanda possa essere esaudita, è necessario che colui al quale ci si rivolge, possa effettivamente aiutare. Da donatore a donatore, si risale a Colui che tutto può. Ed ecco che il bisogno, qualsiasi bisogno, è strada a Dio. Le persone, che sono sensibili ai bisogni dei fratelli, anche non credenti, ma ancor più se guidate dalla fede, possono essere i mediatori che partono da Dio e portano a Dio. 

Eliseo profeta è uno di questi mediatori. Gesù è sia il mediatore che la fonte di ogni grazia di guarigione, sia del corpo come dell’anima e dello spirito.

I miracoli, su cui oggi meditiamo, ci dicono anche come sia diverso e strano il comportamento di chi li riceve. Naaman, di religione politeista, attraverso il miracolo ricevuto, scopre il vero Dio ed esclama: ”Ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele”. Grande lezione da questo pagano, uomo retto e capace di trasformare la grazia ricevuta in un atto di fede e in un perenne rendimento di grazie a Dio e ai suoi mediatori.

Invece nove dei dieci lebbrosi, guariti da Gesù, ricevuto il dono, dimenticano di ringraziare colui che li ha guariti. Solo uno, e per di più samaritano, quindi un eretico, scoprendosi guarito, sente il bisogno di correre dal suo benefattore. “Si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo”. Con tristezza Gesù chiede: ”E gli altri nove dove sono?”.

Dall’interrogativo di Gesù e dal comportamento dei miracolati, impariamo la lezione. Le preghiere di noi cristiani, nella maggior parte, sono preghiere di domanda. Facciamo uso di tutte le più belle preghiere, insistiamo come ci insegna la nostra religione, ma nell’intimo spesso siamo più pagani dei pagani, cioè siamo egoisti. Ricevuta la grazia dimentichiamo il Benefattore e ritorniamo alla vita di prima, piatta e abitudinaria, convinti di essere giusti, dimenticando di fare dei nostri giorni di vita un “rendimento di grazie” a Dio.

Che questa domenica rilanci il “grazie”, parola quasi scomparsa. Gli adulti ne diano l’esempio ed educhino al grazie i più giovani.

don Rinaldo Sommacal