Omelie

Omelia di don Rinaldo del 15 settembre 2019 - Per Anno XXIV (Anno C)

Chiamati in causa, scendono in campo tre grandi personaggi, protagonisti che spaziano sull’intero orizzonte della nostra storia. Il primo è il Dio di Mosè, il secondo è Gesù Cristo e infine l’uomo, ora parte integrante di un popolo, ora come individuo posto al volante della storia. 

La prima lettura ci presenta il volto di un Dio deluso dell’uomo fino all’ira. Il brano dell’Esodo attribuisce a Dio le passioni proprie dell’uomo. Appena creato l’uomo Dio esclamò: “È cosa molto buona”. Fu Dio ad avvicinare affettuosamente l’uomo nel giardino dell’Eden, per camminare insieme. Se il superiore familiarizza con l’inferiore, l’inferiore si sente onorato. Dialogando con l’uomo, Dio gli fa capire quali sublimi progetti ha lui.

Con Abramo trasse l’uomo fuori dalla idolatria e lo portò sulla strada maestra della fede nell’unico vero Dio. Con Mosè diede al popolo, scolpita su tavole di pietra, una legge perfetta che avrebbe cambiato in salvezza la storia di tutti i popoli.

L’uomo rispose con la peggiore delle perversioni, facendosi un vitello di metallo fuso e prostrandosi dinanzi. Abbiamo ascoltato l’urlo di Dio rivolto a Mosè: “Lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga. Di te farò una grande nazione”.

C’è chi dice che l’urlo di Dio a Mosè fu solo la proiezione di una logica che guida, non Dio, ma noi uomini, una volta offesi. Ce lo dice prontamente anche Gesù, con un grappolo di parabole raccolte dalla pagina odierna del Vangelo. Sissignori! Il Dio di Gesù Cristo, che avrebbe il diritto di essere pieno di ira per i nostri comportamenti trasgressivi, si ostina ad essere buono, paziente, in una parola a Lui cara, ‘misericordioso’.

Come il figlio della parabola, chi di noi, almeno una volta in vita non ha voltato colpevolmente le spalle a Dio e a Gesù, servendosi, per di più, del patrimonio di doni ricevuti gratuitamente da Dio, cioè la vita, l’intelligenza, la libertà, la volontà…? 

Quanti imperi perversi, costruiti dall’uomo con il genio avuto da Dio, sono entrati a far parte del regno delle tenebre. C’è un limite alla misericordia divina? Molti di noi direbbero e dicono di sì, purché il castigo colpisca altri. Invece il padre della parabola non cessa di pazientare, di attendere e di concedere anche tempi supplementari, nella speranza che anche il peggiore dei suoi figli ritorni a casa e gli dica: “Padre, ho peccato. Non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Nella nostra teologia c’è un capitolo dedicato alla grazia finale. Si afferma che Dio, all’ultimo istante della vita, dona una ulteriore grazia che permette al peccatore, se vuole, di rinsavire. Io, che ho accompagnato migliaia di persone al grande passaggio da questa all’altra vita, ne sono un testimone ancora vivente. Grande è l’emozione che mi prende davanti a certe tombe dove riposano questi miracolati. Spesso visitavo i malati, soprattutto i lontani dalla fede. Arrivata l’ultima ora, chiedevo: “Cosa vuoi da me?”. Risposta: “Voglio il prete”. 

don Rinaldo Sommacal