Omelie
Omelia di don Rinaldo del 28 luglio 2019 - Per Anno XVII (Anno C)
La pagina che narra la distruzione di Sodoma e Gomorra, città emblemi dei mali morali degli uomini, soprattutto dell’immoralità delle istituzioni, è una pagina forte oltre che famosa. Anni fa, vescovo Savio, la nostra Forania promosse l’iniziativa di interrogare alcuni personaggi, perché avessero da aiutarci a individuare strade di nuovi possibili percorsi pastorali. A parlarci venne un giovane sacerdote salesiano che ci illustrò la figura di Abramo e dell’episodio appena ascoltato.
Cosa ebbe a dirci quel sacerdote circa il dialogo Dio-Abramo su Sodoma e Gomorra? Ci disse che un parroco di Bassano, dopo aver letto, meditato e interrogato la pagina sul dialogo tra Abramo e Dio, notò lo straordinario coraggio di Abramo nel chiedere a Dio una straordinaria misericordia divina, cioè di sospendere quel promesso castigo. Abramo, con quel “e se dieci” avrebbe salvato le due città. Quel parroco decise di parlarne ai parrocchiani e chiedere loro che facessero sorgere in parrocchia gruppi di dieci persone, in difesa contro i mali causati alla comunità dalle infedeltà di ogni genere, contro Dio, contro gli uomini e contro se stessi. A Bassano, da allora, sorsero numerosi gruppi di dieci, che si chiamarono ‘e se dieci’. I frutti di tale intercessione, a detta del relatore, furono e sono evidenti. Perché non fare nostra questa silenziosa e bellissima iniziativa?
Una cosa dobbiamo imparare dall’episodio biblico oggi proclamato ed ascoltato: che Dio è ben disposto verso tutti, peccatori compresi, ma domanda che ci sia chi intercede in favore del prossimo, soprattutto di quanti sono prossimi al suicidio morale che consiste nell’abbandonare Dio. C’è la possibilità di salvare le nostre comunità dal degrado morale, riportandole alla dignità voluta dal Creatore e dalla nostra natura risanata? Sì ed è attraverso la preghiera. Ce lo dice Abramo. Lo insegnò ex cattedra Gesù consegnandoci il “Padre nostro”, la più perfetta e potente preghiera di intercessione.
Non ci si rivolge a Dio al singolare. Ci deve essere anche il momento della preghiera individuale quando, rinchiusi nella propria stanza, si può pregare Dio per i nostri personali bisogni. Ma il culmine della preghiera è quella comunitaria e liturgica. Quando è la comunità che prega, allora la comunità diventa un “noi”, un moltiplicarsi di quei dieci di cui parla Abramo, che diventa potente. Quando è la comunità che prega, è Gesù che prega con la comunità. È allora che “chi chiede ottiene” assicura Gesù.
Prima di fare dei distinguo, per capire quali devono essere le domande giuste, è bene avere la certezza che non viene da noi, ma dalle parole di Gesù il “chiedete e vi sarà dato”. Ecco allora l’urgenza di capire la potenza della preghiera comunitaria. Le buone opere dell’uomo sono utili. Ma l’onnipotenza del credente si manifesta nella preghiera.
don Rinaldo Sommacal