Omelie
Omelia di don Rinaldo del 30 giugno 2019 - Per Anno XIII (Anno C)
Elia ebbe l’ordine da Dio di consacrare profeta Eliseo. L’anziano Elia era nella pienezza del suo mandato profetico. La scelta cadde su un giovane agricoltore, chiamato mentre arava il campo del padre, che, dal numero dei buoi, doveva essere un benestante. Questo episodio biblico ci induce ad alcune riflessioni soprattutto sul problema delle scelte di vita che tutti siamo chiamati ad operare, strada facendo, e che noi cristiani chiamiamo ‘vocazioni’.
Tutta la vita è un susseguirsi di scelte. Ci sono le piccole scelte che riguardano il quotidiano, ma ci sono anche le scelte che fanno dell’intera vita una scelta, caratterizzata dalla stabilità, come la scelta matrimoniale, come la scelta alla vita consacrata con i voti, come la scelta sacerdotale. Partendo dal principio che tutti hanno il diritto-dovere di lavorare, anche la professione deve diventare, se possibile, una libera scelta che chiede una serena continuità e non un tribolato precariato.
Normalmente ogni scelta è la conclusione, parziale o finale, di un iter che inizia con il concepimento, a sua volta frutto di una scelta libera, che si snoda, attraverso tutti i passaggi educativi, di età in età. Se tutto funziona bene, si può dire che ogni chiamata è il frutto di tante voci che portano a Colui che è l’origine di ogni vocazione: Dio, che, come dice Isaia, ci chiama fin dall’eternità.
La Chiesa con saggezza ha frapposto, tra gli albori emotivi del sentire la chiamata e la libera adesione alla chiamata, un congruo tempo di maturazione globale che va sotto molti nomi: il seminario con tutti i suoi anni di studio e di discernimento per i preti; anni di probandato, di noviziato e di studio per i religiosi; esperienze di gruppo e i corsi prematrimoniali per i fidanzati.
Oggi quasi tutte le vocazioni permanenti sono in crisi. Le cause non sono né semplici, né poche. Saggezza vuole che le crisi non debbano essere risolte con altre crisi permanenti, come il rinunciare a scegliere. Il matrimonio sostituito dalla semplice convivenza è il fallimento della fondamentale e fondante vocazione che è la famiglia. Dire di no in partenza alla vita consacrata, perché difficile, è far morire lentamente la presenza del sacerdote nella comunità.
La nostra religione, fondata sull’idea che la vita è un dialogo tra chiamata e risposta, affronta decisamente la pastorale vocazionale. San Paolo proclama: “Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi. Perché questa libertà non diventi un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità, siate a servizio gli uni degli altri”. Grandioso! Liberi, ma non parassiti che vivono sulle scelte altrui. Liberi, ma per servire. Riesplode con tutto il suo vigore il primato della libertà come servizio.
Cristiani in responsabilità educative, amministrative, politiche, spirituali… non abusiamo egoisticamente delle parole ‘democrazia’, ‘libertà’, ‘bene comune’ come paravento ai nostri interessi. Non l’egoismo, ma la carità ci guidi nelle scelte di vita.
don Rinaldo Sommacal