Omelie
Omelia di don Rinaldo del 10 febbraio 2019 - Per Anno V (Anno C)
“Io vidi il Signore” dice Isaia, inaugurando la liturgia della Parola di questa domenica. È un ingresso insolito e coraggioso. Normalmente i profeti dicono di aver sentito il Signore. Assai raramente affermano, con Isaia, “vidi il Signore”.
Isaia fu un personaggio storico, così concreto da essere annoverato dalla cultura biblica ed ebraica come un eroe nazionale. Non fu, quindi, un infido visionario. Se così è, ben venga questo richiamo al “vedere il Signore”.
Perché non seguire e imitare Isaia nelle sue celestiali visioni? Perché non aspiriamo anche noi alla contemplazione? ”Sono fantasie!” diranno molti. “Sono pazzie dei visionari” potrebbero incalzare altri. Invece no. Nella letteratura dei mistici, troviamo persone che seppero coniugare insieme la contemplazione con l’azione, diventando all’occorrenza Maria, che contempla Gesù e Marta che risolve i problemi della quotidianità.
Tra gli evangelisti, abbiamo Giovanni che é capace di seguire il maestro in mezzo alle più crudeli persecuzioni e poi, nell’isola di Patmos, contempla a lungo Dio e l’Agnello. Abbiamo due dottori della Chiesa, che ebbero grandi visioni mistiche e divennero riformatori formidabili delle strutture della Chiesa: Santa Teresa d’Avila e san Giovanni della Croce.
Metto decisamente tra i mistici anche S. Francesco e il sommo poeta Dante che, nella cantica del Paradiso, ha di Dio e dei santi una visione tale che suppone un anticipo di quella che sarà la visione beatifica. Mistico e riformatore fu pure Giovanni Paolo II.
Aspirare alla contemplazione è puerile? Aspirare a vedere Dio è parte integrante della nostra ascetica cristiana! Poiché sublime e difficile, la contemplazione ha bisogno di guide sagge e di discernimento adulto, per non incoraggiare la finzione e far passare per visioni ultraterrene bugie vere e proprie. Il vero contemplativo non sente il bisogno di esternare ciò che vede. Sente, piuttosto, preponete la gioia di cantare il suo Dio, unendosi ai cori angelici, per dire: “Santo, Santo, Santo il Signore”.
Il cristiano oggi arriva a vedere Dio per mezzo di Gesù Cristo. Chi in Gesù Cristo ha visto Dio, con Gesù Cristo ritorna ai suoi fratelli con quei messaggi che da Dio ha ricevuto in visione. Ai suoi contemplativi, (e vorrei che fossimo tutti), Gesù ripete ciò che ordinò a Pietro:”Prendi il largo e cala le reti”.
Quante difficoltà oggi per la Chiesa, per i cristiani, per vivere con coerenza il Vangelo e per diffonderlo con coraggio, nel rispetto attivo e passivo della libertà religiosa. Di frequente serpeggia tra noi la tentazione di ridurre il cristianesimo a un fatto privato e di non avere il coraggio di testimoniarlo pubblicamente, di saperlo diffondere con l’esempio e con le parole.
Se Gesù è fortemente contemplato, Gesù fa ardere il nostro cuore di una intensissima gioia e la gioia non può non essere diffusa attorno. Il cristiano, se innamorato di Cristo, prende il largo e getta le reti. Non avrà bisogno di andare lontano. Il bacino di pesca è vicino.
La terra arida, da bonificare con il vangelo che predica la Pasqua di Cristo, siamo in primo luogo noi a noi stessi, poi sono i nostri più stretti vicini, quindi il condominio, la via, la città, la Chiesa diocesana.
Gesù, che si definisce “la vita”, anche oggi, soprattutto oggi, in cui è messo in discussione anche il valore della vita e della sua radice che è la famiglia, sia il maestro comune da ascoltare, se vogliamo conoscere e salvaguardare la vita, per “amarla e desiderarla”.
La vita dell’uomo sulla terra: dono da ricevere, realizzare, donare.
don Rinaldo Sommacal