Omelie

Omelia di don Rinaldo del 3 febbraio 2019 - Per Anno IV (Anno C)

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Geremia, uno tra i profeti di maggior spessore, ci confida quello che Dio gli rivelò riguardo alla sua nascita e alla sua vocazione. Se, in parte, quello che dice tocca strettamente la sua persona, traccia, però, un sentiero ben marcato, entro cui ognuno di noi, percorrendolo, può scoprire la propria origine e vocazione.

Dice Dio a Geremia:”Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo”. Ecco una prima, enorme sorpresa, che dovrebbe farci sussultare di stupore e riempire di commozione e di gioia: Dio, il solo Creatore, attraverso il quale opera la procreazione umana, ancor prima che i nostri genitori avessero deciso di darci la vita, ci “conosceva”. Il verbo ‘conoscere’, nella Bibbia ha un valore intensissimo ed è ripieno di amore e di vita. Per dire che Adamo ed Eva concepirono Abele, la Bibbia dice: “Adamo conobbe Eva”.

Ognuno di noi, prima ancora di essere stati concepiti dai nostri amati genitori, siamo stati conosciuti, cioè scelti e voluti da Dio. Si allontana da noi l’idea dell’essere nati per caso e di essere in vita come un caso che non ha né passato, né futuro. Per analogia, se il figlio di Dio si chiama Verbo, Parola, anche ciascuno di noi è una “ parola” con cui Dio ci ha tolti dal nulla. ‘Dio disse’ e noi abbiamo cominciato ad esistere, attraverso la libera e amorosa partecipazione dei nostri genitori. 

Chi di noi, aprendo gli occhi al nuovo giorno, come prima azione da persona umana, si ricorda della sua origine e prega così Dio: ”Ti ringrazio di avermi creato?”. Non è mai troppo tardi. Non lasciamo passare inutilmente il tempo e cerchiamo di riprendere coscienza che abbiamo per genitori tre persone: mamma, papà e soprattutto Dio.

Ed ecco che, dalla sinagoga di Nazareth, Gesù torna a raggiungerci, per dirci: c’è un ‘oggi’ per ogni nato da Dio. Dopo aver proclamato su se stesso “oggi si è adempiuta questa scrittura”, Gesù chiama noi, suoi fratelli, “conosciuti” fin dall’eternità dallo stesso Padre e usciti dal fonte battesimale immedesimati a Lui, ad essere “oggi” la sua continuazione, essere la missione di far conoscere al mondo il vero Dio, di promuovere la “libertà ai prigionieri” e di invitare a salvezza quanti incontreremo, per fare di tutti gli uomini un solo popolo. 

Con quali mezzi costruire il mondo nuovo, che abbia le caratteristiche della giustizia per tutti e per ciascuno? Paolo apostolo ci vuole tutti protagonisti nella costruzione di questo mondo migliore. Ognuno interroghi se stesso e trovi nel suo ‘io’ il dono che ha ricevuto dalla natura e dall’educazione, lo valorizzi e si inserisca con la sua originalità nell’agone della storia che diventerà salvezza.

C’è chi ha il dono di saper parlare, chi quello di pensare e progettare, chi di governare, chi di eseguire, chi di rompere gli indugi, chi di aspettare, chi di pacificare, chi di consigliare, chi di obbedire… Questi doni, messi uno accanto all’altro, diventano la vera ricchezza di una comunità, di una nazione, dell’umanità. Ma tutto correrebbe il rischio di essere strumentalizzato e ricadere in personalismi, in egoismi, se non ci fosse, entro questa pasta comune, il lievito dell’amore. 

Dice l’apostolo: “…ma di tutte più grande è la carità”. Da ognuno il suo dono. Ma in tutti e da tutti l’amore.

don Rinaldo Sommacal