Omelie
Omelia di don Rinaldo del 6 gennaio 2019 - Epifania (Anno C)
Tutta la vita pubblica di Gesù fu una epifania, cioè una progressiva manifestazione della sua messianicità e della sua divinità. L’anno liturgico ne sottolinea tre, per il loro alto e universale significato. La prima epifania fu riservata ai pastori. La seconda ai Magi d’oriente. La terza alle folle nel fiume Giordano, quando Gesù chiese a Giovanni il battesimo. Oggi vogliamo sottolineare la portata delle prime due epifanie.
1. L’epifania di Gesù ai pastori
Scrive Luca: “C’erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce… L’angelo disse loro:”Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore”.
È una epifania del tutto originale. Non sono i pastori che vanno alla ricerca del Salvatore, ma è il Messia che va da loro e si manifesta attraverso un suo angelico messaggero. Perché questo privilegio? Ricordiamolo: i pastori erano una categoria di persone socialmente emarginate, spogliate di ogni diritto, chiamate solo a servire, ma non ad essere servite e difese, allontanate dal consorzio umano. Rappresentano, agli occhi del Messia che è venuto al mondo per tutti, gli uomini di ogni razza e nazionalità, individualmente presi, ma anche raggruppati in popoli, in tribù, in comunità, soggiogati dalla miseria, oppressi dal potere, privati o privi di ogni diritto, anche quello della sopravvivenza, costretti all’ignoranza.
Gesù è venuto per tutti, ma ha voluto manifestarsi per primo ai poveri più poveri, a quanti non sono neppure considerati persone umane. A loro riserva il primo messaggio:”Vi è nato un Salvatore”. Ed i pastori, riscattati da Colui che fu profetizzato come il “liberatore dei prigionieri”, una volta contemplato in volto il divin Messia, fattosi bisognoso dei loro doni, ricevettero in dono la luce della fede che li liberò dall’autodisprezzo, dall’autocommiserazione e ritornarono diversi da come erano andati alla grotta. I primi evangelizzatori del Messia furono i pastori, illeterati, ma liberati dalle tenebre della imposta ignoranza e rivestiti della luce e della sapienza del loro liberatore, il Messia, il Salvatore.
2. Ai Magi l’Epifania del “Re dei Giudei che è nato” arriva per altra strada, per la strada a loro congeniale e di loro competenza.
Non è il Messia che va da loro. Hanno ricevuto testa per camminare. Sono cercatori e devono scoprire, con la loro innata sete di sapere, che ogni vita ha bisogno della Vita, ogni verità scende dalla Verità, ogni sete di speranza, di immortalità, di perfezione, di divinità porta a Chi possiede per sua natura tutto ciò e tutto ciò può donare. Ecco la vera caratteristica dell’Epifania dei Magi: sono il simbolo della sana intelligenza umana che, se si invera, non può non intravedere in alto una stella che invita alla ricerca della verità tutta intera. La saggezza umana è cammino alla Sapienza divina.
‘Chi cerca trova’, dice un vecchio e saggio detto. Solo le intelligenze bacate dall’orgoglio finiscono per fallire il tentativo di cercare Dio e, come la volpe della favola, emettono la sentenza “Nondum matura est”, e giù tutti i motivi per dire che Dio non può, quindi che Dio non deve esistere, ecc. L’ateismo scientifico spegne la stella dei Magi!
Dio c’è. Dio ha dato al saggio tutti i mezzi per arrivare a trovarlo, anche con la sua sola intelligenza, come fecero i Magi, superando tutti gli ostacoli che alla ragione si possono frapporre. I Magi non erano aiutati dai profeti del Popolo di Dio. Possedevano però, nel firmamento della loro mente, una stella che orienta ogni ricerca: la ragione, fatta non per farsi “dio” di se stessa, ma per cercare la sua origine. La ragione dell’uomo non può non tendere a Dio. È come un figlio che, non conoscendo il padre, sa che esiste e lo cerca, lo cerca...
Magi, aiutateci a usare bene dell’intelligenza. Finiremo per credere. Magi, non permettete che proprio gli intelligenti oscurino Dio.
don Rinaldo Sommacal