Omelie
Omelia di don Rinaldo del 1 gennaio 2019 - Capodanno (Anno C)
Solenne è il titolo con cui la Chiesa saluta il primo giorno dell’anno nuovo: Maria Santissima Madre di Dio. Celebrando la maternità di Maria, certamente si vuol esultare per quella maternità eccezionale, sublime, unica che fu proprio la maternità di Maria, in comunione con la paternità divina.
Ma con questa celebrazione, si vuole anche cantare ogni maternità, ogni paternità, sia quella insuperabile che si chiama procreazione, sia quella che vede scelte di vita degli individui, delle associazioni, delle comunità, delle forze sociali e politiche, fatte allo scopo di generare qualcosa di buono, di bello, di utile, di fecondo, di gioioso, in una parola capaci di generare una civiltà pacifica, serena, degna dell’uomo e del Dio che lo ha creato per la felicità.
Il modello di fecondità, che questa liturgia indica a chiunque e in qualsiasi modo voglia essere padre e madre di qualcuno e di qualcosa, è quella che ha portato Gesù e che Gesù dona alla Chiesa.
Scrive l’apostolo Paolo alla Chiesa che è in Galazia: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò suo figlio”. Dove arriva Gesù, arriva la pienezza dei tempi.
Ma Dio Padre non fa tutto da sé. Per generare nella pienezza dei tempi suo figlio, Dio quasi corteggia l’umanità, perché essa Gli dia un degno grembo materno. L’umanità Gli dona Maria. Il divin figlio può, così, assumere la natura dell’uomo. Per mezzo di Cristo l’umanità può dirsi vera “figlia di Dio”.
Questo mistero si è compiuto felicemente, a Betlemme, al tempo in cui l’imperatore Cesare Augusto indisse il censimento. Ce lo testimoniano i pastori che, svegliati nottetempo da un coro d’angeli, senz’indugio andarono e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Lo videro deposto in una mangiatoia. Questo particolare, che a noi parla di povertà, non stupì i pastori, abituati a quel tipo di nascite, perché nomadi e capaci di fare di ogni luogo una culla.
La liturgia non è facile al melodramma. Se ripropone i misteri eterni che irrompono nel nostro tempo, lo fa per richiamare il nostro tempo a tendere, non al suicidio, ma verso l’eternità, in forza della nascita di Gesù.
Quali gli scopi di questa solennità, posta all’ingresso del 2019? In primis: riscoprire il dono della vita, quella che scorre nelle nostre vene, e quella che percorre le vie della terra e dell’intero universo. Capito che tutto è dono, facciamoci liberamente dono. Noi siamo perché Dio c’è e ci ha creati.
Stabilita questa interdipendenza continua creatura-Creatore, scopriamo il fiume, che noi chiamiamo Provvidenza, con cui Dio irriga, istante per istante, il creato, mantenendolo in essere. Scopriamo anche che Dio ci ha rivestiti di regalità, perché abbiamo, con il suo aiuto, a portare il tempo alla sua pienezza in Cristo. Per raggiungere questi scopi, Dio padre continua a suscitare, tra gli uomini, figli suoi, per mezzo di una nuova Maria, la Chiesa.
Gesù, prima di lasciare la terra per tornare alla destra del Padre, con una solennità eccezionale disse ai suoi discepoli: “mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Lo consegno a voi. Andate e fate nuove tutte le cose”. Compito sublime, ma anche molto impegnativo quello dei discepoli di Gesù. Quindi oggi tutti i poteri di Gesù sono presenti e operanti nel nuovo corpo di Cristo che è la Chiesa, che siamo noi.
Noi vediamo “satana” aggirarsi rabbioso con troppa libertà, per le strade del mondo e imporre efficaci leggi di violenza e di terrore. Gran parte di questa libertà distruttiva gliel’abbiamo concessa anche noi che ci perdiamo in egoismi e non facciamo come i pastori che, visto il messia, “riferirono ciò che del bambino era stato detto loro”.
Noi sappiamo chi è Gesù, la “pienezza dei tempi”. Non basta sapere. Dobbiamo dirlo con le parole e tradurlo con i fatti. Se così sarà, il 2019 sarà veramente nuovo. Buon Anno a tutti.
don Rinaldo Sommacal