Omelie

Omelia di don Attilio del 25 febbraio 2018 - Quaresima II (Anno B)

Saliamo al Tabor, infine. Chi è  Gesù di Nazareth? Questa domanda accompagna tutto il vangelo di Marco. L'episodio della trasfigurazione è posto esattamente al centro della narrazione evangelica, come a segnarne l'importanza assoluta. Chi è Gesù? Chi è Dio?

Abramo, nella prima lettura, pensa che Dio sia l'assoluto cui sacrificare tutto, anche suo figlio. Per noi è abominevole il solo pensarlo. Tutti i popoli vicini ad Israele praticavano il sacrificio umano, per placare gli dei. Forse anche il Dio misterioso senza nome, che pure lo aveva accompagnato fuori dalla sua terra e difeso, era come loro. Questo, erroneamente, pensa Abramo.

No, ci dice il racconto. Dio non ha bisogno del sacrificio di una vita, non ama i sacrifici umani. La pagina della Genesi diventa un severo ammonimento per il popolo di Israele: il Dio di Abramo non gradisce che si uccida in suo nome.

Eppure molti, ancora oggi, hanno questa idea di Dio: colui che chiede sacrifici insopportabili. Non è così il Dio di Gesù. Lo conoscono Gesù, gli apostoli. Come noi. Sanno chi è, cosa dice, hanno assistito ai suoi miracoli. Ma ancora non ne sanno niente. Come noi. Possiamo essere discepoli da sempre. Ma sappiamo poco di lui. Ed egli ci chiede di salire sul monte, per capire, per intravvedere, per intuire.

Marco non riesce a descrivere la sua bellezza. Mosè ed Elia parlano con lui: la Legge e i profeti danno una risposta: Gesù è il Messia. Le tre tende che Pietro vuole costruire, ricordano la festa delle capanne, Simone pensa, ingenuamente, che sia finalmente arrivato il tempo del Regno.

No, non è così. Un'altra montagna si taglia all'orizzonte, una piccola alture ricavata da una cava di pietra in disuso che i romani usano per appendere i condannati. Non c'è Tabor senza Golgota, non c'è Golgota senza Tabor. Non c'è bellezza e gioia che non costi fatica. Non c'è dolore e sofferenza che non portino alla luce. 

È bellissimo stare con Gesù. È il figlio prediletto da ascoltare, ieri come oggi.

Marco è l'unico che scrive: improvvisamente, guardandosi intorno, non videro più nessuno se non Gesù solo, con loro. La conversione alla bellezza è improvvisa. A noi di guardarci intorno e scoprire la bellezza di Dio per giungere anche noi, infine, a vedere solo più Gesù nella nostra vita, e noi assieme con lui. La bellezza convertirà il mondo.

E noi, siamo spinti a vivere nella bellezza della relazione e della verità, della compagnia agli uomini e della Parola, per dire e dare ai nostri fratelli  la speranza di una Presenza che ancora si deve svelare nella sua totalità. Noi, fragili discepoli, siamo chiamati e testimoniare con semplicità e verità che solo Gesù colma il nostro cuore, riempie la nostra anima. Questa bellezza salva il mondo.

don Attilio Zanderigo