Omelie

Omelia di don Rinaldo del 16 dicembre 2018 - Avvento III (Anno C)

La Parola di Dio, appena proclamata, ci invia un imperativo decisamente forte, ma bellissimo, che è “rallegrati figlia di Sion” e una domanda di fondo rivolta da noi a Gesù maestro e cioè: “Per essere gioiosi, cosa dobbiamo fare?” Aggiungiamo subito, per non sbagliare passo: questo imperativo e questa domanda sono ‘Parola di Dio’. E non dimentichiamolo: la Parola di Dio, risuonata in mezzo a noi, è uno dei sacramenti della presenza reale di Dio tra noi, per noi, in noi.

Ci dice la Bibbia che la Parola di Dio scende su di noi come la pioggia. Non ritorna in cielo senza prima aver prodotto ciò che è in suo potere e nel suo volere. I destinatari della Parola di Dio siamo noi, contattati da Dio uno a uno, da protagonisti, nei modi più originali.

La Parola che invia a noi se stessa, ci invita ad accoglierla, con puntualità, sapendo distinguerla quale Parola di Dio che valorizza e corregge le parole nostre che, pur preziose, non devono essere scambiate per‘Parola di Dio”. Se ascoltato, Dio entra in chi accoglie la sua Parola. Se accolta, genera a sua volta parole di vita.

Una domanda mi pongo, a questo punto dell’ascolto della Parola: “Io cristiano, dove ero, dove sono, dove dovrei essere con il mio ‘io’ quando Dio mi chiama e mi parla? Cosa faccio di quella Parola che bussa alle mie orecchie e chiede di scendere, attraverso le corde dell’ascolto, entro il mio intelletto, per diventare un tutt’uno con me?”

Continuando il mio esame di coscienza riguardo al mio rapporto con Dio, Parola incarnata in Gesù, Verbo divino fatto parola umana, mi domando: “Io cristiano, cosa faccio della ‘Parola che Dio mi  porge in continuazione, perché io possa sempre più diventare quello che ascolto, ricevo e dono?”

Allora tu cristiano, che stai ascoltando il Gesù della tua storia, che Gli parli in particolare attraverso questa celebrazione della Parola, tu che assiduamente sei presente alle celebrazioni domenicali, ecc. ecc. perché non fai tua la grande domanda, quella che i pellegrini del Giordano facevano a voce alta e in massa a Giovanni? Chiesero le folle, chiesero i professionisti del mondo del lavoro e dell’economia, chiesero i soldati per mestiere, ecc.: “Maestro, cosa dobbiamo fare?”

Ai primi disse ‘chi ha due tuniche ne dia una a chi non ce l’ha”. Qui ci balzano alle orecchie i mille spunti sulla carità, suggerita dal mantello di San Martino, da noi continuamente aggiornata.

Ai professionisti della finanza e sui problemi sempre attualissimi dell’esigere e del pagare o no le tasse, Giovanni dice: Ciò che è giustamente imposto con giusta legge, è doveroso, pena il peccato, che tutti paghino le tasse, ma anche che prima si tolgano le sovrattasse e le sperequazioni che offendono scandalosamente i più bisognosi e deboli. 

Infine, Giovanni dice: “Quanti sono la mano forte dell’ordine e del potere, lo esercitino in modo umano". Anche il peccatore è persona umana e va trattato sempre come persona da salvare. Guardiamoci dai fondamentalismi di ogni genere, risorgenti quando meno ce lo aspettiamo. 

don Rinaldo Sommacal