Omelie

Omelia di don Rinaldo del 4 novembre 2018 - Per Anno XXXI (Anno B)

Il brano del Deuteronomio e quello del Vangelo mostrano un apparente contrasto tra i dieci comandamenti codificati da Mosè nell'Antica Alleanza e i due precetti proclamati da Gesù. Alla fine ci accorgeremo che non di scontro si tratta, ma di confronto e di continuità. È come trovarci in un velodromo che richiede due velocità, l’una che precede e prepara l’altra.

“Mosè parlò al popolo dicendo: Temi il Signore tuo Dio… osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, tuo figlio ed il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi”. Il decalogo di Mosé proclama il primato della legge. Mosè, a chi osserva i divini comandi, assicura felicità e prosperità. Per Mosè la felicità deriva dall’obbedienza alle leggi di Dio. L’obbedienza alla legge, a sua volta, è sorretta dal timore di Dio.

Ma la legge non è mai simpatica, neppure quando viene da Dio. Però seguire la legge, da parte di tutti, è la necessità numero uno, perché si possa avere una convivenza in cui tutti rispettino tutti e tutti siano un canto di ringraziamento a Dio, da cui tutto viene e che tutto vaglierà. Di fronte alle difficoltà di osservare la legge, chi non sente la tentazione di barare, di giocare al risparmio, di sottrarsi, magari nascondendosi dietro i più osservanti? 

Quel “temi il Signore” di Mosè ha la sua ragionevole spiegazione. Quando, per obbedire, ci manca un motivo superiore, che vedremo tra poco, ben venga anche il timore del castigo. Ci sono delle persone che ragionano solo davanti alla paura. Non è il piano superiore della morale, ma se è necessaria, ben venga anche una legge che punisce quanti vanno contro la legge. Il severo “Dio ti vede”, che era presente in tutti i vecchi catechismi e nelle prediche di tutti i sacri oratori di un tempo, aveva ed ha ancora il suo valore.

Ma già Mosè, alla fine del brano che abbiamo letto, apriva il cuore dei timorosi al motivo che aiuta a superare il timore, per sfociare nella più sublime e potente delle ragioni. Dice Mosè: ”Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le tue forze”. Gesù non parte dal “temi il Signore”, ma proprio dall’ ”amerai il Signore tuo Dio”.

Gesù prende l’imperativo e razionale decalogo di Mosè e lo trapianta nel cuore dell’uomo, perché riceva il sangue dell’amore. Ci fa vedere che tutte le Dieci Parole, che fondano il diritto naturale, possono essere fuse in due perle preziose, che emanano una luce che penetra anche il più indurito dei cuori.

Gesù riprende l’ultimo comandamento di Mosè, lo mette in testa e ne aggiunge un secondo, che diventa la nuova identità di chi crede nel Dio di Mosè e in Gesù Cristo, figlio di Dio. I due precetti sono: “Ascolta Israele: il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Poi, a sorpresa, aggiunse: “E il secondo è questo: amerai il prossimo tuo come te stesso”.

Cosa dire? Quello che disse lo scriba, questa volta onesto e sincero: ”Hai detto bene, Maestro e secondo verità”.

Chi è quell’Israele che deve ascoltare? Ogni comunità umana, ogni singola persona, anche tutte le istituzioni che si vogliono fondare su verità e giustizia. Qual’ è la radice da cui attingere scopo e forze per osservare la legge? L’amore di Dio, del prossimo e verso noi stessi. Chi è innamorato di Dio, del suo prossimo e del suo io, costui avrà un solo timore: quello di non amare abbastanza. Costui non avrà bisogno delle paure per essere obbediente, perché niente è più forte dell’amore.

Cosa invece vediamo oggi? Che c’è un calo impressionante d’amore verso Dio e verso il prossimo. Quale il rimedio bugiardo? Aumentare il numero delle forze dell’ordine, cioè tornare alla paura! Vogliamo risanare la società? Torniamo tutti a vivere i due precetti dell’amore. Manderemo a casa i poliziotti.

don Rinaldo Sommacal