Omelie

Omelia di don Rinaldo del 1 novembre 2018 - Tutti i Santi (Anno B)

Per capire la ragione della solennità di Tutti i Santi, ascoltiamo quello che ci scrive l’apostolo Giovanni. Ci dice: “…noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo, però, che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui”. Ci voleva una liturgia speciale, tutta concentrata sul nostro futuro (che, in Dio, è già un ‘oggi’), per farci capire che noi siamo veri figli di Dio, chiamati, quindi, a condividere nientemeno che il gaudio eterno di Dio Padre.

L’apostolo ci insegna che la vita dell’uomo, una volta concepito, per volontà di Dio, si snoda in due fasi: un primo tempo per credere fortemente e meritare; un secondo tempo per vedere, possedere e godere.

La fede, quindi, suppone la prova del credere. La fede non è mai una evidenza scientifica. L’evidenza, quando arriverà, spegnerà la fede e si sostituirà meravigliosamente ad essa. Senza la prova della fede, non c’è il merito di credere a Dio e a tutto quello che ci dice.

Il principale merito dell’uomo sapiens è quello di credere al vero Dio per il solo fatto che è Dio e basta. Infatti Dio non inganna mai. Per sua natura Dio è verità. Se Dio mi dice: “Tu sei mio figlio”, io, con le sole mie forze posso solo dirGli: “Ti credo e senza dubbio alcuno”.

Noi ora siamo nel tempo della fede. Speriamo quello che crediamo. Nel tempo della fede che spera e nella speranza che crede, Dio, per mezzo di Gesù, suo figlio, ci indica le strade da percorrere, che ci porteranno alla sospirata beatitudine che solo Dio possiede e dona a chi Gli crede. 

Quali le strade? Il nostro pellegrinaggio sulla terra è una perenne 'singolar tenzone' tra il bene e il male. Il traguardo delle beatitudini da Dio promesse, verrà tagliato non da colui che vuole ad ogni costo, per sé, tutto e subito a scapito degli onesti e dei deboli, ma dagli umili, dai poveri, dai giusti, dai puri e retti di cuore.

Quanti saranno i ‘beati’? Ci aiuta a saperlo il brano dell’Apocalisse di San Giovanni apostolo, ascoltato poco fa. Ci dice il veggente: “Apparve in cielo una moltitudine immensa, ma così immensa che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide… e gridavano: la salvezza appartiene al nostro Dio e all’Agnello”.

È come se, al credente che spera, venisse fatto un pertugio, attraverso il quale gli sia concesso di pregustare una sfolgorante scintilla di quello che sarà il promesso Regno dei Cieli, il paradiso, lo stato di vita beatificata e partecipata a quanti su questa terra avranno ‘lavato le loro vesti rendendole candide con il sangue dell’Agnello. È lui il Salvatore!

Ecco la grande differenza tra il credere e il non credere: chi non crede, spegne la speranza nella risurrezione. Chi crede, semina speranza e raccoglierà risurrezione.

don Rinaldo Sommacal