Omelie
Omelia di don Rinaldo del 21 ottobre 2018 - Per Anno XXIX (Anno B)
Isaia profeta, come un esperto scultore, con limpide e incisive parole abbozza una umanità futura piena di luce e di prosperità. Su quale pietra viva il profeta scolpisce questo futuro invitante, attraente e appagante? Sul Calvario, la trasudante montagna dei dolori. La Parola di Dio non teme di andare controcorrente e di presentare, quale componente del progresso, tutto ciò che richiede impegno, dedizione, fatica, sofferenza, sacrificio, fino al martirio.
L’icona più vicina al messaggio biblico è la maternità: la vita nuova, che, per venire alla luce, chiede alla madre acuto dolore. È cosa perfino strana, ma vera: dove c’è sofferenza, c’è stimolo al progresso, mentre dove c’è benessere a sazietà, si rischia la paralisi del progresso.
Molte sono le tipologie positive della sofferenza.
- C’è la sofferenza fisiologica dello stesso crescere, che accompagna e stimola tutti i salti di qualità della nostra vita in evoluzione. Affrontando coscientemente tutti i passaggi critici della crescita, la persona si evolve con saggezza, progredendo con giusto equilibrio psicofisico, in modo tale che la nostra parte animalesca non prevalga, né si esageri la cura dello spirito, umiliando il corpo.
- C’è la sofferenza che sempre insidia la parte più fragile della nostra persona che è la malattia del corpo. Ma la sofferenza fisica diventa il motore della ricerca, che tende a conoscere, prevenire, debellare le malattie.
- C’è poi la sofferenza esistenziale di molte persone, ove primeggiano anche quelli che noi riteniamo ‘grandi’ e che sono tormentati principalmente dagli interrogativi esistenziali, affettivi, morali, intellettuali, spirituali, ecc. Persone, i mistici compresi, che, spesso, si sentono abbandonate da tutti, perfino da se stessi, perfino da Dio.
- Ma la sofferenza rigenerante per eccellenza, che ha indossato e capovolto la storia dell’uomo e del creato, è quella vissuta da Dio in persona, allo scopo di riportare la salvezza là dove aveva parzialmente vinto e imperato la disobbedienza, generatrice di ogni immondezza.
Eccolo lì sul patibolo l’uomo-Dio, umiliato moralmente e fisicamente, infangato con le più orribili e acute accuse…; ribelle a Dio come uomo, ma come Dio, capace di caricarci sulle sue spalle. Noi la sua vera croce, per la quale si farà crocifiggere per dirci fin dove e come ama me, ama noi, ama tutti, proprio tutti. Il mio nome lo trovo scritto tra i colpevoli, sulla croce, ma lo ritrovo poi, luminoso e inciso sulla pietra ribaltata del Santo Sepolcro.
Ed ora a noi. Riprendiamo la capacità di vivificare la Parola che ogni domenica, qui, riceviamo e meditiamo. Come? Noi sacerdoti per primi dobbiamo essere con noi stessi, degli umili seminatori e divoratori della Parola. Ma anche voi, battezzati e figli della Parola viva.
Facciamo nostro quello che ogni domenica papa Francesco chiede a tutti: ‘ricordatevi di pregare per me’. Voi, laici, pregate insistentemente per noi sacerdoti, per le vocazioni sacerdotali e religiose e noi per tutti e per ognuno di voi.
don Rinaldo Sommacal