Omelie

Omelia di dnn Rinaldo del 12 novembre 2017 - Per Anno XXXII (Anno A)

La prima lettura, oggi proclamata, canta la Sapienza. Sembra un oggetto, invece é una persona, la Persona! Viene presentata come Colei che tutto precede, tutto crea, sostiene, tutto guida e, alla fine, tutto raccoglie. Questa pagina ci fa capire nettamente che la Sapienza non può che essere di natura divina, come infatti lo é. La Sapienza è necessaria a tutti, soprattutto alle persone che hanno in mano piccole o grandi responsabilità di governo.

La Sapienza, che ha partecipato alla creazione dell’uomo (maschio e femmina), si propone come partner dell’uomo stesso. Non viene all’uomo con muso duro, come chi vuol imperare, ma come chi rispetta, dialoga, è disponibile a condividere, con volto radioso e con la dote della fedeltà. L’uomo ha tutto l’interesse di dialogare con la Sapienza divina. Questo dialogo fa fare all’uomo un enorme salto di qualità. Se dialoga, l’uomo ha tutto da guadagnare. Se richiesta, la Sapienza risponde e risponde in modo originale, rispettando l’IO di ognuno, valorizzando le diversità e sospingendo tutti verso l’utilità comune. In una parola, la Sapienza divina fa saggio chi la cerca. Chi la trova, non diventerà una persona cupa, ma radiosa, per sé e per tutti. Anche i suoi errori diventeranno cattedre.

Il vangelo rimane in tema. Insegna che la Sapienza rende le persone previdenti e lungimiranti. La ragazze della parabola possono sembrare un po’ le veline dei nostri giorni, scelte con cura per fare da corona e ornamento agli sposi, quasi fossero fotocopie senz’anima, senza personalità. Invece no! Alcune dimostrano lungimiranza e saggezza. Non potevano essere sagge quella sera se prima non ci fosse stato un lungo esercizio di ricerca della Sapienza. A volte ci sono persone che, con uno studiato atteggiamento, possono sembrare piene di saggezza. Invece le apparenze, come i manichini,  possono ingannare. Dieci le ragazze. All’apparenza tutte eguali. Ma, al momento della prova, cinque di loro risultano ‘stolte’. Lo stolto, qualsiasi abito indossi, è un fallito. 

Se poi è un responsabile di altri, condurrà questi al fallimento. Mi riferisco a quanti rivestono compiti di responsabilità educative, in particolare ai genitori, agli insegnanti, agli animatori, ma anche agli scrittori, ai giornalisti, alla gente di spettacolo, ai filosofi, agli uomini di cultura, ai politici…, che, con mezzi potenti, somministrano valori o disvalori alla gente. 

Come vorremmo che, quanti sono chiamati a essere guide degli altri, in particolare dei piccoli, dei ragazzi, dei giovani, agli educatori, ma anche di chi è avanti negli anni, avessero da nutrirsi di valori, attinti con umiltà e fedeltà, dalla Sapienza divina e umana. Non si può dare ciò che non si ha! Non si ha ciò che non si è volutamente e liberamente cercato. Noi, preti, dovremmo fare nostro ciò che l’apostolo Paolo scrisse ai Tessalonicesi: “Non vogliamo lasciarci nell’ignoranza  circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come quelli che non hanno speranza. Noi crediamo che Gesù è morto e risorto; così anche noi”. La immortalità dell’uomo è il do di petto della Sapienza divina. A noi, figli della Sapienza, lanciare l’inno della Sapienza.

don Rinaldo Sommacal