Omelie

Omelia di don Rinaldo del 1 ottobre 2017 - Per Anno XXVI (Anno A)

“Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma piuttosto quello degli altri”. Questo, che abbiamo ascoltato, può essere il filo conduttore della nostra domenica. È un filo che, se attecchisce nel tessuto del nostro io, diventa per noi una infrangibile fune di salvezza. È l’apostolo Paolo che ci chiama a tale impresa. Questa convinzione gli viene da Gesù Cristo, il quale, per portare a salvezza tutti gli uomini, “non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini. Apparso in forma umana, umiliò se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”.

Parole potenti che descrivono il motivo dell’Incarnazione, cioè l’amore sconfinato di Dio per l’uomo. Per salvare l’uomo, Dio, da padrone dell’uomo, non esitò un istante a farsi suo servo. Il mistero della salvezza, operata da Gesù, ci rivela anche di quale natura deve essere ogni salvezza che gli uomini sono chiamati a costruire tra loro e per loro. Mettere al primo posto l’interesse personale non è salvezza vera. Cercare e realizzare il bene comune è salvezza certa.

Qui a livello planetario e storico si scontrano le due mentalità che Ezechiele profeta fa scendere in campo, per una ‘singolar tenzone’ dialettica: la mentalità di Dio, origine, sussistenza e fine di tutte le cose;  la mentalità degli uomini dominati dall’egoismo, per i quali, lo scopo primo è il personale interesse.

Gli avversari di Dio passano all’attacco e Gli dicono: “Non è retto il tuo modo di agire!”. È un discorso che sentiamo ripetere anche ai nostri giorni, davanti a certe malattie, disgrazie, lutti… Quando le cose vanno bene, ignorano Dio, adorano mammona, corrompono le istituzioni, promettono o minacciano a seconda delle opportunità. Solo quando vanno male, si ricordano di Dio, per incolparlo, se esiste.

Ma Dio li smaschera, dicendo: “Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? Se il giusto si allontana dalla giustizia per commettere l’iniquità e a causa di questa muore, egli muore appunto per l’iniquità che ha commesso”.

Quante iniquità la cosiddetta civiltà di mammona ha commesso: l’inquinamento del clima, dei cibi, dei valori. Cause crescenti di nuove malattie, di guerre disastrose… Non sarebbe meglio fare retromarcia e riscoprire il superbo progetto ‘salvezza’ che Dio ha sull’uomo?

Ezechiele conclude: “Se l’ingiusto desiste dall’ingiustizia che ha commesso e agisce con rettitudine, egli fa vivere se stesso”. Evidenziata ed ammessa la colpa, si deve passare alla conversione, altro interessante capitolo scritto dalla breve parabola dell’odierno brano di vangelo dove i due fratelli rispondono in due modi totalmente diversi alla richiesta del padre. Quanti anche di noi, in vita, abbiamo fatto promesse e propositi poi smentiti con i più falsi motivi.

Dio non dimentica, però, tutte le volte in cui Gli abbiamo risposto ‘no’ a quello che ci ha chiesto di fare, ma poi siamo diventati un generoso e gioioso ‘sì’.

don Rinaldo Sommacal