Omelie

Omelia di don Rinaldo del 3 settembre 2017 - Per Anno XXII (Anno A)

Riascoltiamo il  grido quasi blasfemo lanciato da Geremia contro Dio: “Mi hai sedotto, Signore, e mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso”. Per sua difesa, il Profeta fa una coraggiosa scelta: “Non penserò più a Lui, non parlerò più nel suo nome”. Poi confesserà candidamente: “Nel mio cuore c’era come un fuoco ardente… Mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo”.

Dio vinse. Anche la mia omelia si ferma su questo duello religioso. Quella di Geremia è un’esperienza di fede che, per fortuna, solo pochi sono chiamati a ricevere, ad accettare e vivere, fino al martirio. Proviamo a immaginare il nostro cammino di fede come la risalita di una sconfinata, impegnativa e mistica scala. In uno di quei gradini ci siamo anche ciascuno di noi, conforme alla risposta di fede che stiamo dando. 

Molti cristiani hanno una fede puramente istintiva e generica. Non sanno quasi nulla del vero Dio, ma sentono quasi spontaneamente che esiste, che è grande, forte e che tutto può. Pensano che Dio sia buono, ma non escludono che possa anche castigare. Per costoro la fede diventa prevalentemente il ‘timor di Dio’.

C’è la fede del credente che vi arriva per ragionamento. Trova logico credere in Dio. Conosce abbastanza le sacre scritture, specialmente i vangeli. Ricorda alcuni passi imparati da bambini a catechismo. È riverente e obbediente al magistero della Chiesa. Si sforza di osservare le principali leggi e i precetti della Chiesa. La sua religiosità, però, è un evento privato da difendere più che da diffondere. Questo è certamente un gradino positivo di fede, ma ancora imperfetto e perfettibile.

C’è la fede di chi, con la semplicità dei bambini, crede più con il cuore che con la testa. È la bella fede delle anime semplici, che Gesù paragona ai piccoli che Egli ama. Non dubitano mai; si affidano a Dio nella buona come nella cattiva sorte. Normalmente hanno un rapporto filiale e quotidiano con la Madonna. Beati loro! Però si guardino dal rischio di cadere nel fanatismo, sempre alla ricerca di eventi emotivi.

Ogni tanto, ma raramente, il Signore porta qualcuno alla fede mistica, all’incontro IO-TU con Dio o con chi da Dio è inviato. Esperienza da non chiedere. Esperienza impari e conturbante. Se vera, è per scopi molto alti e difficili, da pagare, a volte anche con il sangue. Il mistico difficilmente è creduto. Per credergli il Magistero cerca prove inconfutabili di veridicità che sembrano condanne. Ma alla fine, se vere, raggiungono lo scopo per il quale Dio le ha volute più che permesse. 

Per noi credere con la loro intercessione, dopo la prova della verità, è molto più facile. La domanda finale: cosa aspettiamo per crescere nella fede, passando dalla fede ingenua, da una fede solo razionale e fredda, ad una fede che si avvicina ad un vero e proprio rapporto d’amore con Dio, sull’esempio di quanto capita tra gli sposi, tra genitori e figli, tra amici, tra fidanzati? “Ha sete di Te, Signore, l’anima mia” (sl 62) abbiamo detto in coro poco fa, ma non per finta. Il più alto grado della fede in Dio è amarlo al di sopra di ogni cosa.

Così sia della nostra fede.

don Rinaldo Sommacal