Omelie
Omelia di don Rinaldo del 6 agosto 2017 - Per anno XVIII (Anno A)
Entrano in un mirabile conflitto, oggi, due liturgie: quella della XVIII domenica del Tempo Ordinario e quella del 6 agosto, festa della Trasfigurazione del Signore. Si vivacizza, così, soprattutto la Liturgia della Parola, come stiamo per vedere. La prima lettura ha per protagonista un giovane di nome Daniele, la cui vita e la cui parola, più che del tempo, hanno il sapore e il vigore del ‘sempre’. Così si presenta a noi Daniele profeta oggi: “Io continuavo a guardare”. Daniele, con questa espressione, ci richiama un elementare e prezioso valore che ci chiede: “Volete vedere? Imparate a guardare”.
Spesso ci capita di non guardare ciò che vediamo. La differenza tra noi e noi normalmente sta proprio lì, nel vedere, ma non guardare, magari per lamentarci, poi, di essere stati dimenticati e di non capire tanti interrogativi che ti si svelano solo se li guardi intensamente, al di là delle apparenze fugaci.
A questo punto il saggio e giovane Daniele, cede la parola a Pietro, i cui occhi, con la guida lenta, coraggiosa e permanente del suo paziente Maestro, si andavano liberando dalle nebbie del vedere senza guardare. Con una luminosa lettera Pietro raccontò ai primi cristiani, quello che anche noi oggi stiamo ascoltando. Quello che Pietro scrisse alle Chiese, parola per parola, è verità.
Chiediamogli: “Anche noi vogliamo guardare quello che tu, insieme a Giacomo e a Giovanni, hai potuto vedere sul santo Monte”. Ci dice Pietro: “Siamo stati testimoni oculari della sua grandezza. Egli (Gesù), fu trasfigurato davanti a noi. Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Una voce dalla nube diceva: 'Questi è il Figlio mio, l’amato. Ascoltatelo' ”.
A noi, ora. È vero o no questo racconto che ha tutto il sapore di un evento miracoloso, sopranaturale? È, quindi, verità da credere o solo una piacevole notizia, lasciata alla libertà di coscienza? Se interrogo con fede le Scritture, devo dire: “La trasfigurazione di Gesù sul Tabor è verità di fede e chiede a me il mio personale atto di fede. Se credo, mi pongo entro l’enorme numero di fedeli che fecero della Trasfigurazione una grande pedana di lancio per spiccare il volo verso il cielo della fede, dove nulla è impossibile, tutto è forte, dolce, incoraggiante, gioioso e salutarmente profetico. Io sto con Pietro, Giacomo e Giovanni, con tutti gli Apostoli, con i martiri vissuti all’alba della Chiesa perseguitata, con i maggiori teologi e biblisti, garanti della oggettività degli eventi, con i più grandi artisti che fecero della Trasfigurazione la loro sfida con se stessi, soprattutto con il popolo, che, senza titoli accademici, ha sempre pellegrinato verso la Trasfigurazione di Gesù sul Tabor, dove trovò sempre la gioia del credere, di elevarsi e la voglia di risentire il Padre di Gesù e di tutti, dire: 'È mio figlio. Ascoltatelo' ”.
don Rinaldo Sommacal