Omelie

Omelia di don Attilio del 3 settembre 2017 - Per Anno XXII (Anno A)

Povero Pietro! Ha faticato, e non poco a dichiarare che Gesù è il Messia atteso da Israele. Troppo diverso il suo modo di servire il Regno, troppo audace la sua predicazione, troppo innovativa la sua idea di Dio per poterlo identificare con il nuovo e glorioso re Davide che avrebbe ricostituito la gloria del passato Israele e che tutti aspettavano! Pietro aveva riconosciuto in Gesù il Cristo e Gesù lo aveva riconosciuto come pietra da costruzione, come pietra viva fondata sulla fede, la pietra che avrebbe sostenuto altri fratelli nella fede.

Ora, invece, Pietro diventa pietra di inciampo, pietra di scandalo. Ora che Pietro lo ha riconosciuto come Messia, Gesù spiega a tutti cosa significa per lui essere "messia". Nessuna gloria, nessun potere, nessun compromesso nel suo essere messia. Gesù dice di essere disposto ad andare fino in fondo nella sua scelta, è disposto a morire piuttosto che rinnegare il suo volto di Dio. E così sarà.

I discepoli restano interdetti: fino a poco tempo prima avevano ragionato su chi sarebbe stato messo a capo del nuovo Regno, ora Gesù parla di dolore e di morte. Pietro lo prende da parte e lo invita a cambiare linguaggio. Anche lui, come spesso facciamo noi, vuole insegnare a Dio come si fa a fare Dio. E Gesù reagisce, duramente: cambia mentalità, Pietro, diventa discepolo.

Troppe volte invece di seguire il Signore lo precediamo. Siamo noi ad indicargli al strada, non seguiamo più la strada che egli ci indica. Siamo noi a suggerirgli le soluzioni ai problemi, non ci fidiamo più della sua presenza, della sua azione. Pretendiamo che sia Dio a diventare nostro discepolo. Quando mettiamo noi stessi al posto di Dio, facciamo come Pietro e ci allontaniamo dal cammino.

Non chiederti a che punto sei nel tuo percorso interiore. Quindi in questa domenica il vangelo ci sprona a chiederci se siamo ancora discepoli di Cristo. Gesù insiste, ora, si rivolge a tutti, anche a noi. Non cerca facili discepoli. La sua proposta è cruda. Pronuncia tre imperativi che risuonano come una sfida.

Vuoi essere mio discepolo? Rinnega te stesso. Cioè non mettere te stesso al centro dell'universo, non voler emergere a tutti i costi, non fare come tutti che, nel mondo, sgomitano per essere visti e notati. Sei unico, sei prezioso sei un capolavoro, perché devi  dimostrarlo agli altri? Il discepolo, come il Maestro, prende a cuore la felicità di chi gli sta accanto, guarda oltre, mette la sua vita in gioco perché tutti possano appartenere al Regno. Non mettere sempre te stesso al centro, metti Dio al centro, con libertà, da adulto.

Vuoi essere mio discepolo? Prendi la tua croce. Cioè non avere paura di amare fino a soffrire, di amare fino a perderti. Come Geremia che non riesce a staccarsi dall'amore bruciante di Dio nonostante le tante delusioni che sta vivendo. Dio non ama il dolore, né lo esige  ma, a volte, amare significa anche sopportare e soffrire. E Gesù ne sa qualcosa.

Vuoi essere mio discepolo? Seguimi. Condividi la scelta di Gesù, il suo progetto. Dio è presente e si manifesta a noi, orienta le nostre scelte con equilibrio e intelligenza, ascoltando la sua Parola, lasciandoci plasmare dalla sua voce interiore. Seguire Gesù significa cambiare orizzonte, conoscere la Parola e lasciare che sia la fede a motivare e cambiare le nostre scelte, convertire i nostri cuori. Siamo per sempre discepoli, per sempre cercatori, mai veramente arrivati.

don Attilio Zanderigo