Omelie
Omelia di don Attilio del 20 agosto 2017 - Per Anno XX (Anno A)
E’ difficile capire l’atteggiamento di Gesù nel Vangelo di oggi; è un atteggiamento duro. Cosa fa questa donna? Il primo passo della donna è il suo grido di dolore. Non si tratta di una semplice preghiera, ma dell’effusione di tutti i suoi sentimenti e delle emozioni più profonde. Questa donna sa di avere un problema. E, soprattutto, ha il coraggio di chiamare il problema per nome. Senza troppi giri di parole, senza troppe vergogne o falsi sensi di pudore dice le cose come stanno. La sua è una confessione e una richiesta di aiuto autentica. Riesce così, in pochi istanti, a comunicare tutto il suo dramma, con verità e coraggio.
Anche noi dovremmo imparare ad essere sempre molto chiari con noi stessi e con Dio, quando preghiamo: cogliere ciò che scotta senza paura e senza girarci troppo intorno con lunghi ragionamenti. La preghiera è innanzitutto questo metterci davanti a Dio così come siamo, senza vergogna. Ma dicendo sempre la verità. Andando dritti al centro della nostra difficoltà personale.
Il primo requisito per essere guariti è, quindi, riconoscere di essere malati. E può accadere che Dio non risponda. Resti in silenzio. “Non le rivolse neppure la parola”. E’ l’esperienza più difficile per un credente. Dio sembra non ascoltare la nostra preghiera. Questa è la prima prova: il silenzio di Dio, che alle volte ci mette alla prova.
Il secondo passo è l’insistenza. La risposta di Gesù, poi, è sostanzialmente sconfortante: non posso esaudirti, perché tu sei una figlia di Canaan e io sono venuto per i figli di Israele. E’ questo il momento più difficile della preghiera cristiana: quando ci sembra che Gesù ascolti gli altri ma non noi. Quando ci pare che Dio “abbia delle preferenze” e ci consideri di serie B. E poi le persone che sembrano agire come i discepoli del Vangelo:non aiutano, ma mettono i bastoni tra le ruote. Ma questa donna grida ancora, senza paura di fare brutta figura, senza paura di essere respinta da Gesù e dagli apostoli. Come superare questa seconda prova? Non scoraggiarsi.
Il terzo passo è l’avvicinarsi a Gesù, prostrandosi ai suoi piedi. La prostrazione è un gesto importante: non si tratta di un semplice inchino o di una genuflessione. Si tratta di buttarsi a terra, ai piedi di un altro. Un gesto imbarazzante, specie se da farsi in pubblico. E’, però, il segno della fede profonda e dell'adorazione, accompagnato da quella semplice parola, che nel Vangelo odierno viene ripetuta tre volte dalla donna cananea: “Signore!”.
Nonostante la disapprovazione (e vergogna) dei discepoli, nonostante la “resistenza” di Gesù, nonostante l’imbarazzo della folla, questa donna si avvicina al Maestro e lo adora. Non grida più. Dice solamente due parole: “Signore, aiutami!”. Il resto è implorazione silenziosa e sofferta, è uno stringere i piedi di Gesù nell’atto coraggioso della supplica, senza perdersi d’animo e tenendo salda la fede.
E qui avviene quel dialogo che è eccezionale e ci aiuta a capire qualcosa della logica del Regno: Dio ha un progetto e non sempre le nostre preghiere sono del tutto secondo questo progetto. Però la sua misericordia è immensa e anche se ne mendichiamo una briciola soltanto, questa è sufficiente per ricevere enormemente.
“E’ vero, Signore, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni” dice la donna cananea. E questo è il terzo passo: l’intuire che, sebbene le vie di Dio per noi restino un mistero, anche una briciola (e non il pane intero che avevamo chiesto noi) è sufficiente per guarirci. Non come vorremmo noi, ma come vuole lui. Sapendo che, anche se Dio sembra opporsi, certamente almeno una briciola arriverà presto.
E l’ultimo passo è l’ammirazione di Gesù: “Davvero grande è la tua fede!”. E qui Dio interviene e ci concede: “ti sia fatto come desideri”. Ciò che causa il miracolo è la fede della donna: una fede provata e resistente, capace di superare molte prove: dal silenzio di Gesù, al suo secco diniego, a un combattimento spirituale basato sulla perseveranza, fino al superamento finale e alla gioia.
Preghiamo perché possiamo essere forti nella fede e perseveranti nella preghiera, come questa donna cananea e perché possiamo riconoscere con sapienza, affrontare con coraggio e superare con fede le prove della vita. E se anche Dio non ci esaudisse nei termini in cui vorremmo noi, che possiamo sperare e riconoscere almeno le briciole che scendono dalla Sua mensa.
don Attilio Zanderigo