Omelie
Omelia di don Attilio del 2 luglio 2017 - Per Anno XIII (Anno A)
"Chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato". Anzitutto Gesù ci dice che avere a che fare con Dio è nell'ordine dell'amore, non nell'ordine del dovere e della morale. Quando lui, il Maestro, parla di Dio, sente il suo cuore vibrare nel profondo. Non ha nulla a che vedere, il Dio di Gesù, con la noiosa e stanca ripetizione di riti scaramantici, del rispetto acido e rigido di norme che tendono a giustificarmi.
Gesù dice che fare esperienza di Lui significa amare veramente Lui. Dirà, addirittura, che egli è capace di dare più gioia della più grande gioia che un essere umano possa sperimentare. Gesù pretende di colmare il cuore del discepolo che lo cerca.
Amatevi, amici, cercate di crescere nella difficile arte dell'amore che lascia liberi e che fa crescere, dell'amore che non possiede ma dona, dello sguardo che non accaparra ma stima e rispetta. E in quell'amore troverete la misura con cui Dio ci ama.
Ma amare non è facile. Sentiamo in noi il limite dell'amore, la fragilità del dono che vorremmo realizzare e che, pure, è ambiguo, doloroso. Imparare ad amare costa molta fatica, trovare un equilibrio che mi rende felice di ciò che ho scoperto di essere, è un impegno che occupa un'intera vita.La vita è difficile, a volte. Gesù ci chiede di affrontarla come viene, senza disperarsi, portando la croce della contraddizione, pazientando nel saperci capaci di crescere.
Sulla croce si parla spesso a sproposito. Vorrei chiarire alcune cose semplici. Dio non manda la croce, e la croce non ci fa del bene. La croce ce la dà la vita, la salute, gli altri, i nostri giri di testa. Ma Dio no, non pensa che la croce sia educativa, non diciamo stupidaggini. Possiamo, come dice Gesù, far diventare la croce un'occasione di crescita, una possibilità di andare all'essenziale. Anche Gesù prenderà una croce, non frutto delle sue scelte, né conseguenza dei suoi errori, e la trasfigurerà. Gesù dice che trovare Lui è l'esperienza più travolgente della vita e che vale la pena di lasciare tutto per possederlo. Che "perdere" la vita nel Signore non significa buttarla ma affidarla alla tenerezza che guarisce il mondo.
Sono i piccoli gesti come un bicchiere d’acqua che svelano ciò che abbiamo nel cuore e che ci portano ad avere attenzione per la persona.
don Attilio Zanderigo