Omelie

Omelia del 13 novembre 2016 - PER ANNO XXXIII (Anno C)

 

Seguendo il calendario liturgico, ci avviciniamo, con le nostre liturgie, a celebrare una grande fine. E’ una fine temporale, profezia dei tempi ultimi. Le letture, scelte per questi eventi, parlano di ciò che finirà, di come finirà e per quale ‘dopo’. Presa alla lettera, come quando ci si parla per strada, la Parola di Dio che annuncia la fine dei tempi, si rivela a noi in modo crudo, pauroso, più preoccupato di lanciare allarmi anziché liete attese.

Il profeta Malachia scrive: “Sta per venire il giorno rovente come un forno”, però si affretta a dire che le vittime di quel giorno sono coloro che sanno di meritarselo. Peccatori per scelta. Solo Dio li conosce. Sono coloro che, lucidamente,  hanno scelto l’ingiustizia come scopo del loro agire sugli e contro i deboli, gli umili, i giusti di Dio e dell’intero creato. Malachia, quindi, profetizza solo ciò che subiranno i lucidi perversi che, per dominare e imporsi, nei loro piccoli come grandi progetti, usando male i talenti  ricevuti da Dio, fondano un contro-altare sul quale erigono la loro falsa divinità. Ma la Parola di Dio oggi, con un religioso silenzio, protegge quelli che infinite volte, durante il trascorso anno liturgico ha magnificato, per le loro opere buone, a causa delle quale sono diventati vittime dei superbi.

Ci fa ancor più riflettere la pagina del vangelo, dove Gesù in persona parla dalla infallibile cattedra del suo divino magistero. Alla domanda: “Maestro, quando accadranno queste cose e quale sarà il segno che esse staranno per accadere?” la risposta di Gesù è vera, pedagogica, ma anche paurosa.

Non è questo il Gesù che abbiamo incontrato per una delle tante strade della Palestina o della nostra città. Il Gesù che conosciamo pastore non è mai un pastore che urla, che sgrida, che fa paura, neppure quando la nostra vita calpesta la morale nei pensieri, nelle parole e nelle opere. Quante volte noi cristiani, spesso fragili e degni di severe sgridate, lo abbiamo incontrato con la voce del pastore, lieto di averci raggiunti con il suo zelo che manifesta amore e gioia per l’incontro. E’ il rimprovero più efficace! Come mai allora il Gesù che si rivela come il giudice infallibile alla fine dei tempi, è così catastrofico, come quando dice: “Si solleverà  nazione contro nazione, … vi saranno fatti terrificanti… metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno… a causa del mio nome… ma nemmeno un capello del vostro capo  andrà perduto”.

Una timida personale interpretazione: Gesù mi ha inviato a predicare non la paura, ma la buona novella. E’ tutto vero quello che dice questa Parola di Dio. Ma sappiamo che, chi la disse, chi la predicò e la fece diventare poi pagina scritta, seguì quel genere letterario tanto caro ai profeti veterotestamentari, in parte usato anche da noi per preannunciare il futuro ultimo con immagini apocalittiche, che se fanno paura, fanno anche cambiare in tempo un certo modo di vivere. 

Accogliamo, della paura, il suo aspetto pedagogico. “Credete al vangelo e convertitevi” ci diremo in Avvento. 

don Rinaldo Sommacal