Omelie

Omelia del 6 novembre 2016 - PER ANNO XXXII (Anno C)

 

Il mistero della nostra morte corporale è ancora ben presente nella Parola che Dio oggi ci invia. La prima pagina è dedicata a quella splendente storia dei sette fratelli Maccabei, sostenuti dall’esempio e dalle parole della loro mamma e maestra di vita secondo Dio. Vivono in un tempo in cui la politica impone, a suo vantaggio, anche la religione da seguire, gettando dalla finestra la eventuale religione dei Padri. Per loro rinunciare alla loro religione, ereditata dai padri, significava tradire Dio, il Dio che si era detto il ‘loro Dio’.

Non c’è migliore qualità di vita per l’uomo su questa terra, se non quella di avere per maestro e guida il datore e padrone della vita, che, pur con sfumature diverse, tutte le religioni vere chiamano Dio. Chi, ebbro di potere, vuole diventare il dio-padrone dei suoi sudditi o dipendenti, costui, uccidendo chi gli è infedele, è colpevole di deicidio.

Il sette fratelli Maccabei, già vessati da una schiavitù, causata anche dalle infedeltà dei loro padri, sono, anche oggi, esempio strepitoso di come comportarsi nei momenti in cui la fede nel Dio della vita è dichiarata dall’autorità disobbedienza politica, meritevole della condanna a morte. E’ quello che gli emissari del re chiesero a tutti, anche a questa famiglia, detta dei Maccabei’. O obbedire ciecamente alle leggi del re, o subire immediatamente la sentenza capitale.

Rispose uno di loro, a nome degli altri sei fratelli e della madre: “Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei Padri”. Uno alla volta, dopo aver professato anche a parole la fedeltà alle altissime volontà di Dio, ricevute con il latte materno e con il sudore della fronte del padre, furono uccisi. Disse l’ultimo, elevando un inno al dopo questa vita, vissuta per, con e in Dio: “Dopo che saremo morti  per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna”.

Quanto in questi giorni, dedicati ai nostri defunti, abbiamo meditato sul valore del dono della vita, ricevuto dal Dio della vita, attraverso i nostri genitori, il cui corpo, magari, è già consegnato al camposanto, ma il cui spirito é ritornato alla casa del divin Padre, da cui è partito. Personalmente, per accompagnare al camposanto molti e molti parrocchiani, ho dovuto affrontare e meditare con i famigliari sul mistero della nostra morte certa, esistenzialmente il mistero più intrigante. Alla luce del modo di morire, originale per ognuno, mi sono più volte chiesto: “Sarei disposto ad accettare anche una morte violenta, come quella che, in questi decenni, hanno dovuto subire migliaia e migliaia di persone, condannate in nome di una forsennata religione? 

Quanti nostri fratelli in Dio hanno saputo dare la loro vita, piuttosto che tradire il vero Dio e piegarsi a un falso dio, che fa comodo al dittatore di turno. Io come mi sarei comportato?”. La risposta tarda a venire, ma la domanda persevera. Con l’impeto dei vent’anni potevo sognare di morire martire. Oggi la mia umanità trema di fronte al martirio e alla stessa morte naturale. Il Dio della vita ci aiuti.

don Rinaldo Sommacal