Omelie

Omelia del 23 ottobre 2016 - PER ANNO XXX (Anno C)

Ogni brano biblico è una potente calamita. Ma ogni omileta, per la sua comunità, deve scegliere, come fa la mamma quando, tra i molti cibi, sa dare al figlio quel cibo, che, per l’età, è il più adatto a lui. Noi, davanti alla Parola di Dio, sia dell’Antica Alleanza che della Nuova, siamo invitati, senza trascurare le altre, a fare la scelta più opportuna, sia per il suo contenuto che per la particolare situazione storica che noi, popolo di Dio stiamo vivendo.

Questa premessa è per giustificare la mia scelta. Delle tre meravigliose letture, mi ha attirato in particolare la prima, la più vecchia in ordine di tempo, ma chiara, provocante e attualissima. Facciamo parlare questo ispirato di Dio ed eccelso maestro di vita, degno precursore di Gesù, la Parola di Dio incarnata nella nostra natura umana, il che ci facilita la nostra, sia pur parziale, comprensione.

Dice il Siracide (questo è il suo nome): “Il Signore è GIUDICE”. È una entrata decisa, che non ammette repliche, né interpretazioni contraddittorie, quindi Parola perenne ed inconfondibile, da masticare come cibo di vita sana. Le manca solo di aggiungere quello che Gesù ci dice nel vangelo dove emette un giudizio sul comportamento religioso dei due individui della parabola, giudizio completamente diverso dal giudizio che si fonda e si ferma alle sole apparenze che noi vediamo.

Gesù consacra la grande affermazione fatta dal Siracide qualche secolo prima: il Signore è GIUDICE. Mentre il Siracide afferma la verità sul giudizio infallibile che Dio emetterà su ogni persona, Gesù ne porta la prova. Ecco la prova: solo il Signore è il giudice giusto. Dio non si ferma alle apparenze, perché vede quello che uno è nei suoi pensieri. Solo Lui vede le motivazioni invisibili che muovono una persona ad agire e ad agire in quel modo, che tutti possono vedere.

Se da una parte, quello che si vede compiere da una persona o da una istituzione, può corrispondere alle ottime motivazioni morali, può succedere anche il contrario, cioè che uno faccia l’opera buona ma con la netta intenzione di ingannare chi la vede, magari per avere consensi o ricevere poteri o condannare qualcuno. La tentazione di fare, anche il bene, ma solo per apparire quello che non si è, può attirare tutti: il vizioso per scelta come il santo per vocazione.

È giunto il tempo di porci la classica domanda: “Quello che faccio ed è visibile, per quale motivo lo faccio e con quale stato d’animo? È il vero amore che mi spinge a quella scelta o è l’amor proprio, mosso dalle più astute e negative intenzioni a indurmi a fare quell’opera che tutti dicono ‘buona?” Fatto velocemente l’esame di coscienza circa i motivi che ci spingono a fare questo o quello, lasciamo a Dio giudicare il nostro prossimo.

Personalmente comportiamoci, non tanto per farci vedere e lodare, o per criticare, ma perché Dio lo vuole e solo lui mi può giudicare. Impossibile ai superbi, terreno fertile per gli umili. Dio lo vuole. Gesù ti aiuta. Imitiamo Gesù.

don Rinaldo Sommacal