Omelie

Omelia del 4 settembre 2016 - PER ANNO XXIV (Anno C)

 

Omelia di Mons. Rinaldo Sommacal, nella S.Messa a conclusione del suo servizio Pastorale nelle Parrocchie Duomo e Loreto e nella Forania di Belluno.

“Te Deum laudamus” canta e invita a cantare la Chiesa al termine di una qualsiasi giornata. Se poi questa giornata diventa il simbolo di una vita, il ‘Te Deum’ sgorga impetuoso; a volte capace anche di scavalcare gli argini e questo non sarebbe un bene. Questa sera sono io, in prima persona a sentire urgente, anche se inadeguato, il bisogno di dire a Te, mio Dio: “Signore, ho straripante il desiderio di lodarti, perché con me Tu sei stato enormemente generoso, buono, imprevedibile e misericordioso".

Quante volte, all’apice dei miei entusiasmi, magari per qualche iniziativa riuscita, tu stavi in attesa, dopo la svolta, per dirmi: “Non perdere la testa. Godiamo insieme per le frecce giunte a bersaglio, ma ricordati che testa, cuore, mani e piedi ti sono donati, da me e dai tuoi splendi e silenziosi genitori, e da quanti, nascostamente o visibilmente, ti hanno sostenuto e  hanno attribuito a te quello che spettava a loro e a Me”.

“Hai ragione, Signore, anche se di Te mi ricordo soprattutto quando mi hai sopportato, perdonato e risanato dopo quei momenti in cui il volante della mia  vita era o l’orgoglio, o la superbia, o la presunzione, o la mancanza di gratitudine, o l’invidia nel vedere altri riuscire là dove io fallivo, o quando lo scoraggiamento bussava subdolo, con tristi e negativi interrogativi”.

“Ti lodo, Signore, per tutti i volti con cui Ti sei presentato a me, o per chiedere umilmente, o per dare senza rumore, o per ritrarmi da certi rischi pericolosi. Aiuti che avevano il volto dei miei Vescovi: Muccin, Ducoli, Brollo, Savio, Andrich, Marangoni; dei miei confratelli nel sacerdozio; di ogni persona che faceva parte della mia comunità.

Da quante persone, sia quelle visibili, ma in particolare quelle centinaia e centinaia che nessuno se non Tu e io, mio Dio, conosciamo, ho ricevuto quello che loro pensavano di aver ricevuto da me. In primis: mamma, papà, fratelli, sorelle, la lunga schiera dei nipoti e pronipoti.

Non dimenticherò, mio Signore, quella donna, conosciuta per caso in corriera e diventata un simbolo: io ero diacono, facevamo una gita sui monti. Capitai nel sedile accanto a questa persona che, vedendo il mio abito, mi disse tutta la sua amarezza per una confessione fatta a Natale, ma che si sentì trattata dal confessore come un numero, lei che in quel momento chiedeva di ridiventare una persona credente. Signore, Ti ricordi cosa mi hai suggerito? Feci la promessa e credo di averla in buona parte mantenuta: cioè, la persona, che, per un qualsiasi motivo, incontrerò o mi cercherà, magari per quei soli due minuti che le potrò dedicare, dovrò considerarla come se fosse, in quel momento, l’unica e la più preziosa al mondo”.

Su questo versante ho fiumi di lodi, ma anche richiesta di perdono da rivolgerTi, per tutte le volte in cui sono riuscito a realizzare quel proposito, ma ancor più per piangere su quei casi, spero pochi, in cui ho sbagliato e ho perso quella pecorella, dalla quale questa sera, invoco il perdono.

Grazie a voi e, attraverso voi, grazie a tutti, dai neonati a quanti ho portato a riposare nel Campo Santo con le loro innumerevoli storie, spesso nascoste, che solo io conosco. Un bacio a tutti i bambini. Non siate gelosi. Li sento anche miei!

don Rinaldo Sommacal