Omelie

Omelia del 7 agosto 2016 - PER ANNO XIX (Anno C)

Il brano della lettera agli Ebrei, di cui non si conosce il sacro autore, ma lettera molto bella, butta lì una affermazione che non possiamo sorvolare. La parola stessa ci dice che si tratta di discendere le scale del divino edificio, che noi abitiamo fin dalla nostra rinascita per mezzo del battesimo, per raggiungere ed esplorare le sue nascoste e possenti fondamenta. L’edificio, ben piantato in terra, si erge maestoso fino a penetrare nell’alto dei cieli. Coralmente lo rivisitiamo ogni domenica, quando proclamiamo il ‘Credo’.

Cosa fa sì che, quello che diciamo a parole, sia anche quello che realmente crediamo? Ecco la risposta della Lettera agli Ebrei: è la FEDE. “La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede” dice la lettera agli ebrei. Qui le affermazioni si fanno possenti. Ecco perché, dopo averle proclamate, è necessario sostare e, con l’aiuto dell’omelia, tentare la, pur minima, comprensione.

Dire che la fede è ‘fondamento di ciò che si spera’, significa interrogarci: “Ma cos’è che ci viene proposto di sperare o che si deve assolutamente sperare?” C’è una litania di verità su cui noi, ogni domenica, a voce alta diciamo di sperare ed è il ‘CREDO’. Al Credo affidiamo e dal Credo attingiamo tutta la nostra speranza. Nella recita del Credo, c’è un gioco tra le verità, ma è solo in apparenza un gioco.

Mi spiego: si comincia col dire: ‘Credo in un solo Dio, Creatore e Signore del cielo e della terra’. Questo, della fede, è il piano più alto, l’ultimo del palazzo. Ma è proprio da quel piano che discende per noi e con noi, la fede, cioè il fondamento di tutto ciò che si spera. Giù, giù, a occhi bendati, si giura su tutte quelle verità che scendono dai cieli e che pervadono l’intero creato.

Dopo di aver proclamato di credere in Dio Padre, in Gesù il figlio e nello Spirito Santo che è l’ossigeno che alimenta la nostra fede sperimentata più che capita, si termina con quella affermazione che per noi, egoisticamente, diventa la prima, cioè: Credo la Vita Eterna. 

E’ la prova che la nostra speranza non è un sentimento vano, ma una verità pari a quella che ci ha fatto dire: “Credo in Dio”. Quale è questo fondamento per cui speriamo e ci conviene sperare? Quello che fa dire all’autore del brano che stiamo interrogando: “Il fondamento di ciò che si spera” è LA FEDE. Ma la fede, a sua volta, ci introduce in un percorso che non possiamo raccontare razionalmente.

La fede stessa dice di sé stessa: “Sono la prova di ciò che non si vede”. Ma non è vero che ciò che non si vede non esista. Quanti di noi sono, da questo punto di vista, in linea orizzontale con quanto di verticale si dice della fede: il novantanove per cento di noi stessi, di ciò che siamo e pensiamo, esiste solo in e per noi, ma esiste. Può sembrare un ragionamento arido. Allora ripetiamolo con gioia, anche se non lo si vede: “La fede è fondamento di ciò che si spera”. Ripartiamo con entusiasmo da Abramo, nostro padre nella fede. ‘Padre Abramo, aiutaci a credere’.

don Rinaldo Sommacal