Omelie

Omelia del 24 luglio 2016 - PER ANNO XVII (Anno C)

Ripartiamo dalla ben nota prima lettura, che si trova in ‘genesi’ al diciottesimo capitolo. Assistiamo, in tempi remoti, agli inizi della grande avventura che vide la nascita del nuovo popolo di Dio, che scelse Abramo quale capostipite e padre nella fede.

Tra Dio ed Abramo ci fu una smisurata stima e fiducia. Abramo diede prova di credere ciecamente a Dio, al di là di ogni possibile dubbio, fino a credere di avere una discendenza numerosa come le stelle del cielo. Discendenza, però, condizionata dall’unico figlio, Isacco, che  Dio chiese di immolare, quale prova suprema della sua fede indiscussa e assoluta in Dio. Dopo tutto questo, è Abramo che lancia una sfida a Dio, per dimostrare che Dio, il misericordioso, è veramente disposto a salvare dallo sterminio Sodoma e Gomorra, in forza della presenza, lì, di  almeno un solo giusto.

Siamo nell’anno della ‘misericordia’, che rivela il volto e il cuore di Dio verso di noi, dal primo fino all’ultimo uomo. Abbiamo netta l’impressione che oggi, al mondo, ci siano molti, troppi motivi che inducono Dio a giudicare e condannare ‘in toto’il genere umano. Infatti, non c’è, non ci fu e non ci sarà una sola persona che possa dire: “Io sono un uomo giusto”. Se lo dicesse, avrebbe già fatto un peccato di orgoglio.

Però, però! Andiamo adagio! Sì che c’è una eccezione. C’è un uomo che è, per sua stessa natura, l’unico giusto. Siccome amore e giustizia sono il criterio del giudizio di Dio, possiamo dire al Dio di Abramo: “Sì che c’è un giusto su questa terra. E’ il nuovo Isacco, il figlio di Maria, che lo concepì per opera dello Spirito Santo”.

Noi, tentati di essere i giudici inesorabili dei criminali che stanno devastando l’intera umanità, fisicamente e psicologicamente, dobbiamo invertire le parti. Non è più Dio che chiede la distruzione di Sodoma e Gomorra, ma noi che chiediamo questo castigo contro tutti gli omicidi e anche i deicidi, che  martirizzano gli innocenti con in bocca il nome del loro falso e inesistente ‘dio’. E’ Dio che oggi chiede a noi di risparmiare Sodoma e Gomorra, l’umanità fratricida. Dio domanda ad Abele di non uccidere Caino e a noi, di non cadere nella tentazione, molto forte e comprensiva, di voler sradicare dalla terra la mala pianta: questi nemici del creato e del suo Creatore.

Perché Dio dona a noi, in grossa difficoltà nel perdonare, la forza divina della sua infinita misericordia? Proprio perché, entro il gigantesco male che umilia il dono della vita, facciamo memoria di Gesù, il solo giusto, che intercede presso il Padre per coloro ‘che, letteralmente, non sanno quello che fanno’. Gesù, il Dio figlio, il nostro fratello Abele, ci insegna a pregare così: “Padre nostro… perdona a noi i nostri peccati. Anche noi infatti  perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione”.

Le tentazioni a questo riguardo sono innumerevoli. Ma Gesù torna a dirci: “Non uccidere Caino! Uccideresti te stesso”.

don Rinaldo Sommacal