Omelie
Omelia del 10 luglio 2016 - PER ANNO XV (Anno C)
Meditiamo sulla parabola e sulla sua cornice. Sottolineiamo i punti nodali del testo. Innanzitutto come raggiungere la VITA ETERNA: questo il dottore della legge vuol sapere. Ci interessa. La risposta di Gesù è netta: AMERAI il prossimo tuo.
Replica il dottore della legge: “Chi è il mio prossimo?”. Domanda oggettiva, fredda e distaccata, pronta a delineare confini, distinzioni, separazione. Ad essa fa da contrappunto la domanda finale che Gesù rilancia al suo interlocutore: “Chi è stato prossimo”.
La differenza è radicale: è il farsi prossimo, è l’essere vicino a tutti coloro che sono nella necessità la vera lezione di Gesù. A lui non interessano i gradi di ‘prossimità’, ma gli atti di generosità. A questo punto il nucleo del messaggio di Gesù è evidente e la parabola non fa che mostrare le altre sfaccettature.
GERUSALEMME: è la città santa per eccellenza.
GERICO: era allora una città sacerdotale, destinata ai leviti di periferia.
Il SACERDOTE E IL LEVITA: rispettano scrupolosamente le norme di purità rituale, perché il contatto con un ferito o, peggio, con un morto, avrebbe comportato per loro una contaminazione che li rendeva inabili alle funzioni sacre.
C’è una religiosità fredda che si preoccupa delle cose di Dio e ignora l’immagine più alta e viva di Dio presente sulla terra, cioè l’uomo. Quella religiosità che Gesù chiama ‘ipocrisia’, spesso si annidata anche dentro il cristianesimo. Ecco, però, lui, il diverso per eccellenza: il SAMARITANO, rappresentante dello “stolto popolo che abita in Sichem” come diceva senza tanti complimenti un sapiente dell’Antico Testamento, il Siracide.
Inizia il rito vero della carità, il sacrificio di cui Dio si compiace, chiede e attende. E’ significativo notare l’accumulo dei verbi e l’affettuosa attenzione con cui Gesù descrive tutti i gesti di questo vero credente, nonostante sia un miscredente per l’opinione corrente: “Gli passò accanto, lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versò olio e vino, lo caricò sul giumento, lo portò alla locanda, si prese cura di lui”. Cuore tenero, mani operose, premura assoluta e generosa, aperta anche sul futuro del sofferente.
Siamo di fronte a un profilo ideale che provocatoriamente Gesù ha intessuto proprio su una figura disprezzata. I confini dell’amore sono senza confini. Questo è ciò che Dio Padre ci chiede. Gesù ci lo ricorda continuamente. Ma non basta saperlo, o dirlo anche da questo pulpito. Gesù, in un modo del tutto personale, a ognuno di noi dice: Va e fa anche tu così.
don Rinaldo Sommacal