Omelie

Omelia del 12 giugno 2016 - PER ANNO XI (Anno C)

 

La pagina del vangelo, da noi con attenzione ascoltata, a sua volta anticipata dal racconto del peccato di Davide, condannato da Dio senza appello, ma perdonato dopo il suo pieno pentimento, induce noi, sicuramente peccatori, a trarre alcune riflessioni.

Il personaggio che spicca in tutta la vicenda narrata dal vangelo è il ‘fariseo’. La comunità socio-religiosa dei farisei si era schierata da subito dalla parte di coloro che andavano ad ascoltare Gesù, non, però, per aprire una breccia salutare sulla loro interpretazione di quanto Gesù andava predicando. Mentre Gesù era di apertura nell’interpretare la legge di Mosè, loro erano ermeticamente chiusi ad ogni positiva evoluzione dottrinale e morale. Scopo sempre più evidente dei farisei era quello di tendere tranelli e insidie a Gesù, per farlo cadere in evidenti errori dottrinali e così poterlo condannare. Il fariseo, che invitò a pranzo Gesù, si trovò inaspettatamente in casa la più propizia delle occasioni per costringere Gesù in un angolo e uscirne sconfitto e umiliato.

Quale l’occasione? Una donna ben nota, da tutti chiamata ‘la peccatrice’. Entra, non invitata, nella sala da pranzo del fariseo e compie quel rito intensissimo. Probabilmente, sia gli invitati di quel giorno, sia quanti ne leggeranno la storia, sono indotti a fare lo stesso ragionamento del fariseo. Cosa pensò il fariseo? Riascoltiamolo: “Se costui fosse un profeta saprebbe chi è e di qual genere é la donna che lo tocca: è una peccatrice”. In che cosa consisteva quel ‘lo tocca’? Era certamente un rito ambiguo. Per un moralista anche dei nostri giorni, sconcertante e da riprovare.

E Gesù? Rispose, sia al fariseo, sia a tutti i benpensanti, noi compresi, passando da ciò che si vede e si tocca a ciò che è visibile solo alla mente e al cuore. 

Ogni vero bene, come ogni vero male viene generato dal pensiero, che è invisibile a tutti. Non sempre ciò che si fa rende visibile ciò che si pensa e si vuole. Può succedere di compiere una azione visibilmente buona, ma che è promossa da motivazioni immorali. Mentre tutti applaudono, la coscienza, voce vera di Dio, ti dirà: “Sai di essere un bugiardo. Sei nella colpa”. 

Così nel caso del racconto del vangelo. Abbiamo gesti della donna che possono essere interpretati negativamente. Gesù, che vede il pensiero, li legge in chiave di chi implora misericordia e perdono e vuole  cambiare vita. 

Questo è il cuore del vangelo: alla morale delle apparenze far subentrare la morale della retta coscienza. Evidentemente si tratta di passare dalla morale che si sostituisce  alla coscienza, alla retta coscienza che semina moralità che risana.

Le parole di Gesù oggi ricadano piacevolmente su ognuno di noi. Mentre il fariseo condanna il nostro comportamento, Gesù ci perdona e ci guarisce. Ci dice: “La tua fede ti ha salvato. Va in pace”.   

don Rinaldo Sommacal