Omelie
Omelia del 15 maggio 2016 - PENTECOSTE (Anno C)
Pentecoste. Nome già fortemente presente nella liturgia e nella storia del primo Israele. La parola stessa lo dice: cinquanta giorni dopo la Pasqua. A questo punto l’Antico passa il testimone al Nuovo. Se per Mosè la Pentecoste era la festa che riuniva, per ordine di Jahwé, le dodici tribù di Israele in un popolo solo, per la Chiesa cattolica è la solennità che, per opera dello Spirito Santo, genera il solo e unico popolo di Dio in Gesù Cristo, ricco delle più svariate e vive membra.
Noi oggi rinnoviamo il memoriale di quanto già sappiamo per ravvivare ciò che lo Spirito Santo, il protagonista della Pentecoste, è e vuole, nel farsi totalmente dono alla Chiesa. Quel Gesù, che è asceso in cielo con il proprio corpo, ritorna a noi con il suo Spirito. Così, sarà presente ovunque, anche là dove il suo corpo, uguale al nostro, non può esserci.
L’evento ce lo narra la pagina di Atti degli Apostoli. Rileggiamolo. “Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, gli apostoli si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore… Apparvero lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ognuno di loro e tutti furono colmi di Spirito Santo”.
Il dopo lo conosciamo. Concediamoci, allora una pausa per riflettere a modo nostro, dopo duemila anni, quell’evento che ha travasato il nuovo nel vecchio e ha accolto il vecchio con tutti i suoi aspetti a volte divini e spesso figli dell’antico orgoglio ribelle. Tra le miriadi di osservazioni, due sono gli aspetti che mi interrogano e che vorrei trasmettere,se non nuovi, da rinnovare.
Il primo aspetto è l’unità. Uniti sono i discepoli, rigenerati come un sol popolo da madre Chiesa, rappresentata dall’icona della maternità divina, cioè da Maria, la mamma di Gesù. L’unità! Questo è il grido di Gesù fatto preghiera incessante al Padre: “Che siano una cosa sola come tu in me e io in te”. Lo Spirito è la pienezza dell’amore che Dio Padre ha del figlio e che il figlio, come lo abbiamo appena sentito, ha del Padre. Essere una cosa sola tra Padre e Figlio, è il frutto della perenne fecondità generante di Dio Padre e Madre. Quindi, dove arriva lo Spirito, arriva il fuoco d’amore che unisce in un mistico matrimonio, la Divinità.
Lo Spirito Santo, promesso e inviato da Gesù, chiede a noi, sua Chiesa questo miracolo permanente, ma essenziale, per la specifica natura della sua Chiesa: l’unità, che non è un codice di leggi, ma frutto dell’albero dell’amore. Ma l’unità non è uniformità imposta dall’alto. Lo Spirito Santo, la Comunione piena tra le tre Persone Divine, si suddivide in lingue di fuoco che vanno a posarsi su ciascuno degli apostoli. Non c’è unità senza la diversità. Ma non è diversità quella che porta alla divisione o alla fuga. Chiediamo allo Spirito Santo quale sia la lingua di fuoco che ha infuso in noi. Lo preghiamo: “Riaccendila se la trovi spenta. Alimentala se la trovi flebile. Abbiamo fame di luce”.
don Rinaldo Sommacal