Omelie
Omelia del 6 marzo 2016 - QUARESIMA IV (Anno C)
La straordinaria pagina evangelica, che gronda stupore, interrogativi e propositi, scritta in forma di parabola, sembra essere la storia, parziale o totale di qualcuno di noi, anzi, per certi versi di tutti noi. Ci interpella e ci porta, lo spero, a qualche passo che dovevamo, dobbiamo fare, faremo. Parabola che, o nel padre, o nel figlio balordo, o nel giovanotto tutto lavoro e famiglia, diventa storia che sembra la cronaca del vissuto quotidiano. La cosa più strana è, però, che Gesù, nel raccontarla, non narra le nostre storie, ma la sua.
Quel Padre è il Divin Padre. Quel giovane finito a contendere il cibo ai maiali, è Gesù che prende il nostro posto. Quel figlio che si dichiara ‘perfetto’, sono tutte quelle persone che, guardandosi attorno, vedono con lucidità il male altrui e hanno in mente nettamente i rimedi. Sono coloro che erigono muri.
Solo una persona, lungo la scia dei tempi, può dichiararsi fuori, ma è un ‘fuori’ che più dentro non si può. Quella persona è Maria, la figlia, la sposa di Dio (forse per questo non citata dalla parabola) e la madre il femminile del padre. Sto forse farneticando? Sto offendendo la divina famiglia, presentandola come la più disgraziata delle famiglie? Spero di dimostrare l’esatto contrario.
Chi è quel padre che ha messo al mondo due figli di quel genere: l’uno rispettoso, obbediente, ma arrogante ed egoista; l’altro che più scapestrato non si può? Voi lo avete capito perfettamente: Dio è il padre, che con lo stesso amore generoso ha dato la vita ai due figli. Davanti al suo apparente fallimento, sia verso l’uno che verso l’altro, è colui che più di tutti soffre, ma, nel dolore, primeggia l’amore misericordioso. Soffre per il figlio obbediente che, rinnegando il fratello, non spende un attimo per sostenere il padre angosciato. Va puntualmente nei campi, strappando il giudizio dei vicini: “Che figlio esemplare”. Ma a concentrare tutta la nostra attenzione, prima indignata, poi stupita, infine commossa, è nel rileggere il comportamento di quel padre definito ‘misericordioso’.
Rileggiamo parola per parola, silenzio per silenzio la figura del padre. Più uno ama i figli e più si accusa degli errori commessi dai figli. Mentre i falsi consiglieri suggeriscono drastiche misure punitive, come, per esempio, cancellarlo dallo stato di famiglia, il padre sente aumentare la sua paternità e si nutre di lacrime con la speranza che cadano sul cuore del figlio, perché ritorni figlio e ritrovi la strada di casa. Chi è questo padre che, dall’alba al tramonto, sta alla finestra e ripercorre con gli occhi quella strada, con la indomita speranza di vedere il figlio tornare?.
Questo padre è il Padre nostro, è Dio che non cessa mai di dire a chi ha sbagliato, tanto o poco, magari commettendo uno dei peggiori peccati che è quello di giudicare i fratelli: “Ama il prossimo tuo”. Solo allora amerai te e amerai tuo padre. E il figlio obbediente? Quel figlio è ognuno di noi che pecchiamo quando, ritenendoci giusti, condanniamo gli altri. Il Padre è qui. A noi dire con sincerità: “Padre ho peccato” Sentiremo il Padre dirci: “Figlio, eri morto e sei tornato in vita. Facciamo festa.” E' questo il cuore dell’Anno Santo.
don Rinaldo Sommacal