Omelie

Omelia del 31 gennaio 2016 - Domenica IV per Anno (C)

 

Non posso non partire dal profeta Geremia e dalla meravigliosa parola che Dio gli rivolse. E’ una parola che svela un mistero che trascina con sé un oceano beatificante di misteri che riguardano la vita dell’uomo, ma in particolare, di ciascuno di noi. Confessa Geremia profeta: “Mi fu rivolta questa parola:  “Prima di formarti nel grembo materno ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato e ti ho stabilito profeta delle nazioni”. “Chi è colui che pronuncia queste parole” ci chiediamo. “A chi vengono dette” e “Perché?”

Ce lo dice il libro sacro, la Parola stessa, Dio in persona. Sappiamo che Dio, per essere il vero Dio, deve essere tutto il bene, senza alcun male. Se Dio parla, come ha parlato a Geremia, deve essere accolto senza discussioni pro o contro e con la massima certezza che la sua parola è vera. A chi parla il Signore? A Geremia profeta. Ma Geremia, in quanto profeta, sta tra Dio che gli parla e il resto degli uomini che sono chiamati ad ascoltare Dio attraverso il profeta. Gli ascoltatori sono gli uomini e le donne di tutti i tempi e di tutti i luoghi.

Oggi la parola di Dio per mezzo di Geremia, viene rivolta a noi, l’umanità che dall’unico Dio riceve la vita e anche la vocazione ed i mezzi per come viverla. Ma ciò che ci sorprende è che la Parola di Dio ascoltata oggi è la confessione pubblica che Dio fa a noi, per dirci chi siamo per Lui e chi è Lui per noi.

Penetriamo così il mistero della nostra esistenza. Non siamo venuti per caso e non siamo un caso tra i tanti. Quello che Dio, l’unico vero Dio, il Dio, quindi, dell’intero creato e, in particolare, di tutti gli uomini di ieri, di oggi e di domani, ci dice attraverso il suo portavoce una verità che ci riempie di stupore, di commozione, di mistero e grondante insegnamenti, per capire quanto è grande, in sé e per il Creatore, l’uomo, ogni singola persona.

Cosa? Riascoltiamo, fino a imparare a memoria queste poche parole, perché diventino la preghiera del mattino, il programma delle giornate lavorative, il ringraziamento serale, prima di cadere nel dono del sonno. Disse Dio a Geremia e lo dice ora a noi, uno per uno: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto…, ti ho consacrato, ti ho stabilito profeta…”.

Sappiamo che per la Bibbia, la parola ‘conoscere’ significa anzitutto concepire, far nascere, dare un inizio degno di Dio, quindi immortale. Ma ancor più commovente è pensare che Dio, per me ha avuto fin dall’eternità un pensiero, una decisione unica, singolare… Noi siamo concepiti da Dio fin dall’eternità. I nostri genitori sono, in definitiva, la paternità e maternità di Dio nel tempo dell’umanità. Ecco il valore che ci portiamo in tutto il nostro essere visibile e invisibile: siamo dei ‘consacrati’ e, pertanto, dove siamo e quello che facciamo dovrebbe sempre essere profetico. Facciamo un proposito: vogliamoci bene.  Chi si ama da persona umana, permette a Dio di amarci da Dio. Quale dio fasullo può reggere di fronte al nostro vero Dio? 

don Rinaldo Sommacal