Omelie

Omelia del 20 dicembre 2015 - Avvento IV (Anno C)

Il profeta Michea, molto tempo prima dell’Evento, è l’unico ad indicare Betlemme il villaggio dal quale sarebbe uscito l’Atteso delle genti, il Messia. A Michea dovranno faticosamente risalire gli scribi di Gerusalemme, per rispondere alla domanda di re Erode: “Dove deve nascere il Re dei Giudei?”. Betlemme viene profetizzata come la donna chiamata a partorire il Salvatore dell’umanità.

Alla luce di questa profezia, smarrita nel tempo, cosa dobbiamo imparare? Che nulla è piccolo agli occhi di Dio. Che ogni luogo, ogni tempo, ogni persona, ogni valida iniziativa sono tutti preziosi protagonisti per realizzare quello che il divino Architetto ha concepito e che ognuno di noi, con consapevolezza, è chiamato a realizzare. Il suo posto non lo occuperà nessun altro. Quella pietruzza per il grande mosaico, posta dalla persona che possiede anche un solo talento, è preziosa come quella appariscente, vistosa, accattivante di chi ha ricevuto dieci talenti, e magari né ha anche sprecati alcuni. Vorrei dire a me e a voi: “Non confrontiamoci da perdenti con chi ha più di noi e che, su questa terra, siede sempre ai primi posti della stima, del potere, della notorietà, della fama, della ricchezza. 

Agli occhi di Dio, da cui ci vengono i doni, siamo tutti nobili, ognuno con la sua specifica e irripetibile bellezza. Mentre noi, qui, diamo notorietà a chi già ce l’ha, Dio, che vede ogni nostro “io” come un suo tesoro, ci considera come suoi figli prediletti. A me, pastore, chiamato ad avere cura di ogni singola persona della comunità, Dio chiede di essere equanime: considerare, cioè, ognuno come un ‘unicum’ ed aiutarlo a sentirsi pari dignità con tutti, senza patire crisi di identità. Nei funerali cerco di onorare ogni defunto, con riti semplici, ma ugualmente nobili, senza distinzioni di classi e degni di essere incensati in quanto tutti siamo sacerdoti, re e profeti, evitando di applaudire i già applauditi. Perché dico tutto questo in preparazione al santo Natale? Proprio perché ognuno di noi, dall’eternità, fu scelto da Dio Padre che ci disse: “Tu sei mio figlio, l’amato”. ‘Nobiltà obbliga’ dice un francesismo. Umiltà sempre, ma niente complessi di inferiorità. Pensando di non avere nessun valore, non ci si incammini nella strada dei ‘nessuno’. Tu, se ci sei, sei un tesoro. 

-ella lettera agli ebrei facciamo nostro il programma che è di Gesù, nostro fratello e figlio di Dio. “Entrando nel mondo, Cristo disse al Padre: un corpo mi hai preparato. Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”. Quel Gesù oggi siamo noi. Con lui, al medesimo Padre facciamo nostra quella dichiarazione libera, gioiosa e creativa:“Ecco, vengo, o Dio per fare la tua volontà”. Maria, dopo aver detto al Signore: “Sia fatta la tua volontà”, “si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa” per dare una mano alla anziana cugina Elisabetta, prossima a partorire Giovanni. 

Tre parole su cui possiamo posare il proposito natalizio: avere stima di noi stessi/ obbedire a Dio/ passare dalle parole ai fatti!

don Rinaldo Sommacal