Omelie

Omelia del 6 settembre 2015 - Domenica XXIII per Anno (B)

Isaia, il decano dei profeti veterotestamentari,(pessimista) per ordine divino  agli smarriti di cuore dice: “Coraggio, non temete!”.

Il timore! C’è timore e timore. E’ buono, anzi eccellente, allorché si teme di non essere all’altezza di realizzare il meraviglioso dono della vita, giunto con il cestino dei doni che lo accompagnano. E’ prezioso il timore, quando si ha paura di non fare con amore e abbastanza bene quanto si deve fare. Rivolgersi a Dio e dirgli: “Ti amo Signore, sopra ogni cosa, ma temo di non amarti come meriti”, è un bene. Si potrebbe continuare all’infinito a enumerare le cause che inducono noi, singole persone, comunità, popoli, creato, a dire: “Ti adoro mio Dio, ti amo con tutto il cuore e ti ringrazio di avermi creato”.

Isaia, però, parlava di un altro timore che, tradotto, si chiama ‘paura’, tanta o poca non importa. C’è una paura positiva che cresce con il crescere della nostra personalità e responsabilità. Si può chiamare ‘paura’, la provvidenziale  prudenza di chi, prima di scegliere e fare, riflette, chiede consiglio, fa le sue scelte con umiltà e rettitudine, anche quando non è capito o è osteggiato. Ma Isaia parla di una paura, oggi più attuale che mai, che può suscitare spavento, panico, sconcerto, timore esistenziale.

Ogni epoca storica ha avuto i suoi momenti che hanno sconvolto popoli, civiltà, culture, razze, quasi sempre causate da errori madornali che hanno suscitato conflitti tra popoli, tra razze, tra vicini, parenti, religioni. Lo sconvolgimento cosmico che stiamo vedendo e subendo non può che essere tra i fenomeni che seminano e coltivano tra noi e in noi innumerevoli timori. Le tre religioni che scendono da nostro padre Abramo, anche lui esule, alla ricerca di una terra promessa, dove non la spada, ma il vomero pacifico avrebbe tracciato i solchi entro cui far nascere e crescere la nuova umanità, sono religioni che hanno nel loro d.n.a. il coraggio, la forza e validi motivi per dirci: “Coraggio, non temete!”

Oggi il timore, soprattutto quello negativo, è presente in tanti, forse in tutti. Sarebbe bugiardo negarlo. La Chiesa ha il compito di raccogliere questo delicato, misterioso e divino messaggio e dirlo ad alta voce a tutti, credenti e non, cristiani e non: “Coraggio, non temete!” “Fanno presto loro a dirlo” ci gridano da tante parti. Non sanno che la Chiesa rivolge il messaggio, non solo a tutti, ma in particolare a se stessa. Anche al solo enunciarlo con coraggio, diventa per la Chiesa un invito, un monito, un riconoscimento.

Un invito: costa dirlo, ma deve dirlo: “Quelli che vengono, tacciati come invasori, sono nostri fratelli”. Un monito: la Chiesa non solo deve dire, ma fare, pur in modo inadeguato, come capita a me, ma fare. Un doveroso riconoscimento: silenzioso come il lievito, ciò che fanno tante comunità cristiane è semplicemente enorme. “Effatà!” ci dice il vangelo. ‘Apri gli occhi per vedere, le orecchie per ascoltare, la lingua per dire quello che non vuoi udire, vedere, fare’. Questi sono i farmaci che portano guarigione, quindi speranza.

don Rinaldo Sommacal