Omelie

Omelia del 2 agosto 2015 - Domenica XVIII per Anno (B)

Che il cammino della fede non sia una facile passeggiata, ce lo ricorda anche oggi la Parola di Dio, appena detta ad alta voce e, si spera, attentamente ascoltata e accolta.

Dice Esodo: “Tutta la comunità degli Israeliti mormorò contro Mosè e contro Aronne”, quindi contro Dio. Mosè è il liberatore, la guida ed il legislatore del popolo di Dio inviato da Jahwé in persona;  Aronne é il sommo sacerdote, chiamato a dire al popolo le parole di Dio e dire a Dio le molteplici necessità del popolo, lamentele comprese. 

Dopo solenni dichiarazioni di fedeltà, il popolo di Dio puntualmente ripiombava in  tempi di grande sconforto, sia per la decadenza della fede, ma anche causa difficoltà enormi e reali che incontrava sul suo cammino nel deserto del Sinai, verso la Terra sempre e solo Promessa. Sembra che Jahwé, l’IO SONO, da parte sua permetta le difficoltà esistenziali di ogni genere, per ricordare a Mosè, ad Aronne ed al popolo che l’uomo non può vivere senza la Sua presenza, Lui, l’unico Dio e che è un Dio sempre pronto ad intervenire se il popolo, con o senza mormorazioni, rinnova la sua fede genuina in Lui, compiendo la sua volontà. 

Più l’uomo crederà con tutto sé stesso in Dio e più la presenza efficace di Dio si farà vera, propria e visibile storia di salvezza. Questa comunione tra Dio e noi, tra noi e Dio, per strade spesso ignorate e, a volte, anche calpestate, se tornasse  ad essere comunione vera, globale, amorosa, umile, gioiosa, sponsale,  allora vedremmo di nuovo piovere dall’alto e germogliare dal basso quello che sembrava perfino impossibile. 

Ma qual è quell’ impossibile che la nostra fede ci propone e anche realizza, se noi andiamo da Gesù, non con la sola fame fisica, ma con l’appetito della fede verso il nuovo Mosè ed Aronne, che è Gesù? Ascoltiamo il vangelo. Siamo dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci. La folla non vede in Gesù il figlio di Dio, bensì un taumaturgo che sa risolvere, senza fatica, ogni bisogno, quindi da nominare subito re. Quella era l’idea che la maggioranza dell’antico popolo di Dio, in quel tempo, aveva del futuro ‘messia’.

Gesù va apertamente contro quella mentalità corrente, fino a scandalizzare la folla che ieri lo aveva osannato. Muove loro un netto rimprovero: “Voi mi cercate, non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani” . Ed era vero. Anche comprensibile! Ed ecco che Gesù fece cadere il velo che nascondeva il segreto dell’ economia del Regno di Dio rispetto a quella di ogni regno temporale. Dice Gesù: “Datevi da fare per un cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà”.“Cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio” gli chiediamo, provocatoriamente, con i suoi compaesani.

Gesù ci prende in parola e ci porta entro un discorso così alto, da lasciare tutti, noi compresi, senza parole. Il tema è il pane , simbolo di ogni cibo necessario per la vita dell’uomo e del mondo intero. Gesù lancia la sfida: “Il sono quel pane”. Partiremo da qui!

don Rinaldo Sommacal