Omelie
Omelia del 26 luglio 2015 - Domenica XVII per Anno (B)
Alla luce dei tristi eventi successi in questi giorni nel Veneto e che, per contagio, possono bussare anche a casa nostra, vogliamo guardare da protagonisti l’immenso dramma di chi ci invade, come fossimo la terra promessa, e noi, che, pur sempre generosi con chi sta peggio, dobbiamo realisticamente dire con il servitore del profeta Eliseo: “Come posso sfamare cento persone con solo venti pani ?”
Il profeta ragiona con la logica di Dio che sa rendere possibile l’impossibile. Dice, infatti, al suo amministratore: “Dà quello che hai, poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”. Noi siamo la religione della provvidenza, quindi non possiamo mettere in dubbio ciò che il profeta dice per ordine di Dio.
Viene Gesù che rincara la dose. Venuto a compiere la volontà del Padre che considera suoi figli tutti noi indistintamente, in un modo ancor più sconvolgente ci chiede di dare da mangiare a migliaia di persone con soli cinque pani d’orzo e due pesciolini. “Che cos’è questo per tanta gente?”, gli diciamo con Giuda il ministro dell’economia del Regno. Un ragionamento che non fa una grinza e che noi, secondo la logica più elementare, condividiamo. Significa che, tra il vangelo della provvidenza ed il mondo dell’economia non c’è mai stato e non può esserci un pacifico rapporto di sussidiarietà. Lo diciamo senza pudore: non può che essere così.
Tra il provocatorio miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci e le esigenze di una oculata politica, imposta dalla grave crisi economica in corso, non deve prevalere lo scontro, peggio se usato per fare bottino di prevedibili, ma pericolosi consensi. Né può bastare l’appello alla Provvidenza della Chiesa, appello, peraltro, non solo predicato, ma le mille volte diventato vera moltiplicazione del pane, attraverso il lavoro silenzioso delle nostre parrocchie, lavoro spesso umiliato da certe bordate politiche che non vogliono riconoscere questi quotidiani miracoli della moltiplicazione del pane e di ben altro.
La Chiesa, al parlare, preferisce il fare quello che può. Per questo, più di altri, conosce l’ampiezza inquietante del fenomeno. Quante parole sprecate invano e non poche volte pericolose da chi grida, ma non fa. Non dimentichiamo l’analogo miracolo della moltiplicazione dei pani che fu l’emigrazione di massa degli italiani negli anni cinquanta del secolo scorso. Lo ricordo perché l’ho vissuto in prima persona. Non posso non dire grazie a Dio, a chi ci ha accolti anche umiliandoci, agli stessi emigrati che hanno lavorato oltre confine e spedito a casa il sudore della loro fronte, risollevando così l’Italia che, da paese disastrato e poverissimo divenne terra ricca, a sua volta richiamo di immigrati, visti come un valore e non come invasori.
Invochiamo leggi chiare, coraggiose, efficaci, nazionali, europee, mondiali. Svergogniamo i paesi che erigono muri. Tacitiamo i parolai. Lasciamoci interrogare dal drammatico problema del pane per tutti.
don Rinaldo Sommacal