Omelie

Omelia del 5 luglio 2015 - Domenica XIV per Anno (B)

Confessa Ezechiele profeta: “Uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi ed io ascoltai colui che mi parlava”.

Uno spirito entrò in me”. Ezechiele parla di una sua singolare esperienza. Ma è una esperienza che Dio ha donato e dona a tutti, pur in forme diverse, personali, uniche. Non è forse vero che la missione compiuta da Gesù, si concluse con l’invio dello Spirito sui dodici, uniti a Maria, e su quanti sarebbero stati battezzati nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo?

Continua Ezechiele: “Lo spirito mi fece alzare in piedi”. Qui non si parla di un esercizio di ginnastica o quello di balzare in piedi davanti ad un evento più o meno forte, o all’inizio di un cammino. Ezechiele si riferisce ad un atteggiamento interiore, conseguente ad un evento particolare che sta avvenendo. Di fronte a certi eventi, anche il cristiano è chiamato ad alzarsi in piedi. Nel nostro caso oggi l’alzarsi significa mettersi in ascolto del vangelo.

Il nostro alzarci in piedi alla lettura del Vangelo è ben diverso del mettersi sull’attenti militaresco. Il nostro ‘metterci in piedi’  significa metterci in ascolto. “Io ascoltai” dice Ezechiele. La Parola di Dio, donata a noi attraverso i profeti e Gesù, il profeta di tutti i profeti, suppone uno che dice e altri che ascoltano. Noi siamo chiamati ad essere coloro che ascoltano.

Magari dovuto ad un certo torpore, od a stanchezza, od a particolari preoccupazioni che ci riempiono la testa, è latente il rischio di sentire, ma di non ascoltare. In tal caso, quella Parola che doveva scendere come pioggia sul terreno arido ed assetato, è simile alla goccia che cade su un vetro: c’è ma non penetra, anzi può perfino dare fastidio.

Con l’aiuto di Ezechiele, cerchiamo di verificare di che qualità è il nostro sentire. “Ascoltai colui che mi parlava” dice Ezechiele. Colui che gli parlava era il suo Dio, lo stesso Dio predicato da Gesù, il nostro Dio che, rivelandosi famiglia, ci parla a volte da Padre, altre da fratello, ma sempre con il soffio dello Spirito Santo. Con sincera sofferenza, anch’io devo dire a me stesso che sull’ascolto sono molto mancante: Dio mi parla in continuazione ed io lo ascolto poco e male. Mi arrabbio quando parlo agli altri e non sono ascoltato, ma poi io non sono attento quando lo Spirito mi parla proprio attraverso gli altri ed i loro particolari bisogni.

Facciamo tesoro, io e voi, del richiamo di Ezechiele, questo esperto dell’udito; l’udito della mente, del cuore, dei molti sensi che sono la tastiera del nostro IO. Una domanda: “La diffusa difficoltà dell’udito interiore che sia per noi quello che san Paolo chiamò ‘una spina di satana ?" Per non cadere nell’errore madornale dei compaesani di Gesù, che si scandalizzarono per ciò che diceva e compiva, costringendolo ad essere il ‘figlio del falegname’ e basta, dopo questa meditazione sul dono dell’ascolto, chiediamogli: “Parlami Signore, che il tuo servo ti ascolta”.

don Rinaldo Sommacal