Omelie
Omelia del 28 giugno 2015 - Domenica XIII per Anno (B)
Ci faranno da guida tre passi della liturgia della Parola, appena proclamata, attentamente ascoltata. Passi che contengono e rendono note due verità che ci stanno addosso quotidianamente, come la pelle che riveste il nostro corpo.
Giairo, un capo sinagoga, si prostra a terra davanti a Gesù e gli dice: “La mia figlioletta sta morendo”. Gesù giunge al letto della bambina e, ai familiari, che in coro gli dicono: “E’ morta”, risponde: “Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”. Rimasto solo, disse alla fanciulla: “… io ti dico: Alzati!”.
Ancora più dirompente è la affermazione con cui si apre la Parola di Dio, tratta dal libro della Sapienza. Dice, quasi lo grida a chi lo contesta: “Dio non ha creato la morte e non gode della rovina dei viventi. Egli ha fatto tutte le cose perché esistano”.
Ecco le due parole, protagoniste, apparentemente in conflitto tra loro, che balzano oggi davanti ai nostri occhi e ci pongono i loro enormi interrogativi: VITA - MORTE. Non possiamo negare, vangelo alla mano, che esista la morte, come la intendiamo noi, cioè la fine della vita. Tutti conosciamo, anche per dolorosa personale esperienza, l’esistenza inconfutabile della morte. Anzi: la morte bussa alle porte di ogni creatura. Si spengono le stelle, i pianeti invecchiano, minerali, vegetali e animali vanno verso il comune compimento.
Ma già la scienza ci dice che nulla si crea e nulla si distrugge. Quindi ‘morte’ non significa annientamento. Ma, se questo ragionamento vale per l’intero creato, per Dio e per l’uomo il discorso si fa decisamente diverso. Sublime per chi crede, magari ridicolo per chi non crede. Ed ecco sfidarsi in una ‘singolar tenzone’ vita e morte. Nessuno, più di noi credenti, ha il coraggio di guardare in faccia questo misterioso duello che sembra vedere vincente la morte. I miscredenti e gli increduli, sentendolo ingombrante, cercano di mascherarlo, anzi di cancellare dal linguaggio comune questa parola: MORTE.
La morte è una realtà che tutti accomuna, ma anche discrimina. Siamo tra coloro che vedono la morte come il nemico da maledire o la spada con cui ferire o uccidere? Saremmo nel numero dei perdenti. Francesco la chiamò ‘sorella’. E se fosse ‘madre’? Vorrei paragonarla ad un parto che ci fa uscire dal grembo di questo corpo mortale per rinascere, nuovi, nella misteriosa famiglia dei immortali figli di Dio. La morte: il divin utero che ci rigenera alla vita eterna ?
Se sì, siamo sulla strada giusta. Ma solo la fede ci fa dire che ha ragione il Saggio, ispirato, che afferma, senza tema di errore: “Dio non ha creato la morte… Egli ha creato tutte le cose perché esistano”. Quindi, si può tranquillamente affermare che la fine del mondo non sarà una fine, ma una nuova creazione. A ragione Gesù dice: “La fanciulla non è morta, ma dorme”. A ragione la Chiesa, nei funerali, canta: “La vita non è tolta, ma trasformata”. Quindi, Dio, l’autore della vita, sul letto di morte, ci dirà: “Io te lo dico: alzati!”.
don Rinaldo Sommacal
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