Omelie
Omelia del 21 giugno 2015 - Domenica XII per Anno (B)
Rileggendo più volte i tre brani, brevi ma molto intensi e pieni di provocazioni, di interrogativi e di insegnamenti, mi sono lasciato sedurre da una domanda, difficile, ma sempre presente come un sottofondo: "Quale è la voce di Dio?".
Giobbe mi risponde: "La voce di Dio è uragano". Gli risponde, a distanza di secoli, Paolo che ci dice: "Dio ci possiede". Marco evangelista, nel descrivere quella notte in mare, giunge a dire che Dio è 'tempesta grande' è vento che solleva le onde del lago... Altrove, la Bibbia ci parla di un Dio soave, dolce, carezzevole, inebriante... Ma non mancano i silenzi di Dio, soprattutto quando noi siamo entro uno di quei terribili cicloni che sconvolgono la natura, le persone, i popoli, le civiltà.
L'elenco degli innumerevoli modi con cui Dio ci parla e, parlando, si rivela, ci fanno dire che non possiamo imprigionare Dio e i suoi modi di agire e di dire, entro i nostri confronti. Piuttosto, non tocca a noi dire quando Dio sbaglia modi di parlare, quindi di essere. Sappiamo che l'invisibile Dio si fa vedere e parla sempre attraverso elementi che hanno il limite del finito, dell'imperfetto, dell'indefinito. Il nostro ascolto, poi, è a sua volta condizionato dallo stato d'animo che ci troviamo, interprete, a volte meraviglioso, spesso condizionato da quel pezzetto di presente che stiamo vivendo.
Che Dio parli, e parli sempre, è fuori dubbio. Ma non è detto che la sua voce sia sempre e da tutti compresa, e compresa nel modo giusto. “Quid recipitur, per modus recipiendis recipetur” Attenti ad un rischio ricorrente che ci portiamo addosso: quello di far dire a Dio ciò che vogliamo dire noi. A volte inciampiamo anche su cosa è di Dio e che cosa è nostro. Giobbe, che sente Dio parlargli in mezzo all’uragano, ci dice: "Non cadere nel peggiore dei tranelli, quello di incolpare Dio dei mali che non vengono da Dio, ma da altre cause, a volte a noi sconosciute, a volte da noi generate".
C'è sempre un 'noi' che non ammette mai di aver sbagliato, di aver sempre ragione e scaricare su altri, su Dio in primis, le colpe. I ‘dodici’, esperti pescatori, che mai tremano davanti al mare in tempesta, eccoli lì ad incolpare Gesù, quando si sentono sconfitti. Tra il grande Giobbe che, pur ammettendo di non capire la voce di Dio, però ribadisce: "Io credo in Dio"; e gli apostoli che con voce unanime gridano a Gesù: "Non ti importa che siamo perduti", scende forte e benefica la voce di Dio, il Dio di Paolo, l'irruento ammansito dalla voce di Colui che perseguitava a sangue: "Fratelli, l'amore del Dio di Gesù Cristo ci possiede". Questa è la voce, tra le mille voci di Dio. Questa è la voce che genera le altre. Quando le altre sono a noi incomprensibili, torniamo a gridare: “Sì, ma l'amore di Cristo ci possiede”. Che cosa significa? Chiedetelo agli innamorati!
don Rinaldo Sommacal