Omelie

Omelia del 10 maggio 2015 - Pasqua VI (Anno B)

Una delle salutari fatiche di chi presiede la Pasqua della Settimana, è quella di cogliere dalle tre letture e da tutto il contesto liturgico, la Parola che accoglie, senza impoverirlo, il seme che il Santo Spirito insemina in noi. Seme che deve rinascere, ma con le capacità specifiche  di ogni singolo campo, che siamo noi.

Quale potrebbe essere la Parola forte che oggi esce dal libro sacro e che spazza via le nubi dell’ignoranza, fa riesplodere la nostra sete di sapere, per inverare, almeno uno, di quei doni, che lo Spirito Santo ha deposto in noi con il battesimo e confermato con la Cresima? La grande Parola c’è e danza con un crescendo impressionante. Parola troppo spesso abusata e strapazzata da un linguaggio vuoto, insaporo, per non dire ambiguo, dissacrante... Parola invece, che nel rapporto di Dio con se stesso, di Dio con noi, di noi con noi stessi e con gli altri, è in assoluto la Parola più alta, profonda, potente, creativa, capace di sviscerare, investire, rinnovare tutti e tutto, anche dopo una sconfitta, una catastrofe, un gesto di disperazione.

Quale è, dunque, questa Parola da poco ascoltata più o meno attentamente? Torniamo a cercarla. Giovanni, l’autore sia del vangelo, sia della seconda lettura, la và dicendo con una insistenza ed una intensità da perdifiato, al punto di seminarci per strada. Giovanni fa uscire la grande Parola, non dalle sue labbra, ma dalla bocca stessa di Gesù, che, come Dio,  dall’eternità è chiamato VERBUM, PAROLA. “Amiamoci gli uni gli altri” premette Giovanni. 

Perché ci dice questo? Perché amarsi non é assolutamente scontato, neppure tra cristiani. Giovanni, con una lingua fatta spada affilata, apre i cuori più o meno corrotti , magari rivestiti da motivazioni perfino religiose, e ci dice, forte come un tuono, perché dobbiamo amarci gli uni gli altri: “…perché l’amore è da Dio”. E’ una risposta che non ammette repliche. Se siamo credenti, cristiani convinti, non possiamo premettere dei se e dei ma al dover “amare gli altri” e non solo noi stessi, i familiari, i parenti, gli amici, i benefattori.

Poniamo a Giovanni una ennesima domanda, col tentativo di coprirci le spalle: “Ci dici questo per tua convinzione o per motivi che vengono da ben più in alto di te e che non possono essere contenuti da nessuna umana  comprensione?“ "Sì” ci dice decisamente il pupillo di Gesù, Giovanni. Con i miei orecchi ho udito Gesù dire e ripetere infinite volte: “Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri”. Ci permettiamo ancora di obiettare: “Comodo comandare agli altri di amare. Quante leggi, fatte bene, non sono osservate neppure da chi le ha fatte!”. Replica Gesù per mezzo dell’Apostolo che lui amava: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”.

Bella scelta! Ma è più un calvario che un Tabor! E’ vero, ma Gesù giustifica la sua volontaria, ma temporanea sconfitta, con la perenne vittoria finale. Assicura Gesù: “Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Spirito di Dio, Amor: facci comprendere queste parole! Deo gratias!

don Rinaldo Sommacal